Dopo Gara 4, tutti ricorderanno la prestazione di Lebron, ma anche questa vittoria è stata frutto di un lavoro di squadra da non sottovalutare…

E così, dopo una incredibile gara 4, i Miami Heat sono ad un passo dal titolo NBA. Una gara incredibile per una serie di ragioni.

Una gara che ha lasciato un pizzico di perplessità ai puristi del basket, giocata di nervi, di fisico, di iniziative personali, isolamenti più che di circolazione e di fondamentali, una gara giocata sul confronto fra giocatori più che sul confronto fra squadre e questo ha fatto pendere la bilancia sulla squadra che ha al momento il giocatore più forte, Lebron James.

Una gara a suo modo epica, con un infortunio muscolare incorso proprio a James che è rientrato sul parquet, lasciando i giornalisti ad effettuare paragoni con i famosi rientri sul terreno di Willys Reed e di Paul Pierce, con il famoso “flu game” di Jordan e con i meno famosi episodi di Dirk Nowitzki che ha condotto la sua squadra alla vittoria nonostante tosse e febbre e Kobe Bryant che ha giocato una stagione, conclusa col titolo, senza il legamento di un dito o addirittura con la famosa gara 7 in cui Jarry West vinse il premio di miglior giocatore delle finali nonostante la sconfitta dei suoi Lakers contro i Celtics di Bill Russel, nonostante giocasse con una distorsione alla caviglia.

Ovviamente siamo in America, la patria dello spettacolo, in qualche modo tutti questi eventi sono veri, ma tutti sono stati accentuati e romanzati, i tifosi delle squadre avversarie ancora discutono se tali infortuni ci siano stati davvero o meno, ma sono tutti episodi che in qualche modo hanno contribuito alla leggenda di questo sport ed all’esaltazione dei suoi giocatori più famosi.

Lebron James è caduto sul parquet, è stato accompagnato fuori e soccorso, i guai muscolari sono stati evidenti, difficile dire se siano stati guai gravi o dei normali crampi, ma i Thunder, guidati da Durant, ne hanno subito approfittato firmando il sorpasso.

A quel punto James è tornato in campo, galvanizzando i compagni che hanno difeso alla morte, gli avversari sono stati forse distratti da questo ed hanno compiuto scelte scellerate, sbagliando l’incredibile con Westbrook (fino a quel punto sontuoso) ed Harden (da parte sua in chiaroscuro per tutta la partita, anzi, la serie) ed gli Heat sono riusciti a portare a casa la partita conquistandosi tre match ball.

Ancora una volta James ha mostrato la sua maturazione come uomo prima che come giocatore e mentre Wade esaltava il rientro in campo del compagno lui ha minimizzato l’episodio in conferenza stampa, limitandosi a dire che valuterà la cosa con i medici e che sarà di sicuro in campo in gara 5, cosa confermata anche nelle dichiarazioni odierne.

Lebron ha chiuso l’incontro con 26 punti, per lui nemmeno tanti, ma ha aggiunto 9 assist, 12 rimbalzi e tanta difesa per una nuova prova di grandissimo livello.

Stavolta però, oltre ad un buon Wade che con il passare delle partite prende sempre più le misure alla difesa avversaria, c’è stato un ottimo contributo da parte di Mario Chalmers, autore di 25 punti e, soprattutto, dei punti decisivi. 12 punti nell’ultimo quarto ed i 5 punti finali, con Westbrook e Durant che davano il tutto per tutto, facendosi anche prendere dalla frenesia, per tentare di riagganciare, gli Heat devono davvero tanto a Chalmers, che potrebbe essere per Lebron e gli Heat quello che Derek Fisher è stato per Kobe Bryant ed i Lakers.

L’allenatore dei Thunder, Brooks, ha deciso di provare a preservare il suo talento più fulgido, Kevin Durant, mandandolo sulle tracce del buon Mario, il quale ha sfruttato in pieno la libertà lasciatagli ed anzi si è gasato per la presunta mancanza di rispetto degli avversari, come non ha mancato di far notare in conferenza stampa.

Certo, la difesa su Westbrook è stata rivedibile, i 43 punti realizzati dalla PG dei Thunder sono davvero tanti, ma c’è la fondata possibilità che siano frutto di una strategia studiata a tavolino con coach Spoelstra. Infatti è possibile che si sia cercato di invogliare Westbrook a mettersi in proprio, ignorando i compagni, mettendo in disparte Durant ed i lunghi.

La cosa parrebbe testimoniata anche dal fatto che Chalmers fosse carico di falli alla fine del primo tempo e che nel secondo si sia guardato bene dal commetterne di nuovi, a costo di lasciare autostrade all’avversario. Il risultato è che Westbrook ha trascinato i compagni, consentendo alla sua squadra di giocarsi la partita fino all’ultimo, ma quando nel finale la difesa degli Heat si è stretta attorno a lui non è stato in grado di prendere le decisioni giuste e di portare i compagni alla vittoria dopo averli portati a giocarsela.

Fra tutti gli allenatori che stanno allenando una squadra NBA solamente tre hanno vinto un titolo, vale a dire Gregg Popovitch, che al momento può essere considerato l’allenatore di punta, Doc Rivers e Rick Carlisle. Fra pochi giorni se ne affiancherà di sicuro un altro, che sia Spoelstra o Brooks, ed al momento chiunque dei due sia potrebbe sembrare un intruso di fronte agli altri tre.

Però occorre anche dare onore al merito. Erik Spoelstra non è certo un raffinato insegnante di fondamentali e non ha certo, almeno per il momento, la capacità di insegnare giochi offensivi raffinati come Popovitch o un sistema perfetto entro in quale lasciare possibilità decisionale ai giocatori più intelligenti e fantasiosi, come Phil Jackson, ma in questa serie stiamo vedendo tutti i suoi meriti.

In gara 1 abbiamo visto Wade e Bosh totalmente fuori fase, e lui è riuscito non solo a far tornare loro la concentrazione ma anche a sfruttarli nel modo più proficuo, ha convinto James a giocare come lungo per tutta la serie, quando sappiamo che Lebron non gradisce affatto, ha costruito un sistema difensivo impeccabile, capace di limitare dei realizzatori strepitosi come quelli dei Thunder ed in cambio di tutto ciò ha lasciato liberi i suoi talenti di affidarsi all’improvvisazione e di sfogarsi in interminabili isolamenti.

Uno Sloan, un Popovitch, un Phil Jackson probabilmente rabbrividirebbero, ma ricordiamo che in fin dei conti è lo stesso metodo usato 6 anni fa dal suo mentore, Pat Riley, che una trentacinquina di anni fa è stato l’architetto dei Lakers dello showtime, ed è quindi indubbiamente capace di creare sistemi di gioco raffinatissimi ed evoluti, ma questo probabilmente è uno dei pochi metodi per ottenere grandi risultati da un gruppo composto come quello degli Heat attuali.

Fino ad oggi l’uomo copertina è ovviamente Lebron James, autore di partite sontuose per tutti i play off, saranno ricordati ovviamente anche Wade e Bosh, le altre due stelle, ma se gli Heat dovessero arrivare al titolo dovranno dir grazie anche a giocatori meno pubblicizzati, come Chalmers, Battier ed Haslem ed anche a coach Spoelstra, che sta riuscendo a crescere di pari passo alla sua squadra.

2 thoughts on “Dopo Gara 4: guardando oltre l’epico Lebron

  1. Oh mio Dio… certo un minimo di riconoscenza è dovuta, ma se Miami vuole fare il salto di qualità definitivo per diventare la squadra della decade, deve cercare un coach sicuramente all’altezza… da che mondo è mondo è il coach ad allenare la squadra e migliorarla, non il contrario… ci vuole qualcuno che migliori i 3 amigos: è impensabile che i big3 si mettano a disposizione di Spoelstra per farlo maturare come coach!

  2. Spoelstra ha fatto le mosse giuste, anche se non è un Dio dei giochi di attacco…a inizio anno aveva tentato una sorta di motion offence molto gradevole, ma sgradita ai suoi, costretti da un sistema a correre come pazzi anzicchè a saprtirsi gli isolamenti, ma l’ultima fase dei playoff non è altro che una evoluzione del sistema originario: Wade, in sciopero da gelosia da prima donna in alcune gare, reinserito in fase di costruzione del gioco e dunque aumentato il numero dei suoi possessi ad inizio azione di attacco; Lebron, sfruttato di più per le sue doti di potenza fisica, con attacchi in post basso, obbligo di più rimbalzi e riduzione dei suoi assist da fermo dopo 70 palleggi, meno tiri da fuori se non in ritmo (quasi…) e quindi meno possessi in partenza del gioco, la vera piaga dell’attacco degli Heat. la sua opzione di partenza oggi è: attacco al fero ad ogni costo in posta basso, e, in caso di raddoppio, ricerca dell’assist all’uomo libero; andare a rimbalzo sempre e difendere da ala grande, non da guardia. Solo così si è rivitalizzato un giocatore che era sull’orlo di un baratro da crisi di identità (cestistica). Bosh cercato da Wade e da Lebron sui loro scarichi, come anche Haslem, ritrovato finalmente, entrambi affidabili anche e forse più dalla media distanza. Estromissione del pivot canadese, francamente nullo in attacco: a quei livelli non ti puoi permettere di attaccare in 4. Infine i tiratori: il pazzo ed imprevedibile Chalmers, che non ha paura di nessuno, un Battier sempre solido in difesa e sicuro dall’arco e un Miller generoso. Gli aggiustamenti ci sono stati, eccome…Certo, se non hai quel talento, con questi soli in attacco non vinci

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