La stagione dei ragazzi di Monty Williams non è stata certo esaltante, ma il futuro è roseo...

Tutti lo sapevano. Dopo che una superstar se ne va, il destino di una franchigia è segnato, almeno per l’anno successivo.

Vale ancor di più se quel giocatore è un mostro di bravura tra i primi cinque della Lega come CP3. Infatti questi Hornets registreranno con ogni probabilità l’ultimo posto ad Ovest ed un’altra stagione negativa, la quinta in dieci stagioni in Louisiana.

Però la cessione di Paul, inevitabile, è stata forse il trampolino di lancio per il futuro. Sulle prime CP3 sembrava destinato ai gialloviola di LA; in cambio NOLA avrebbe ottenuto Odom, Scola, Kevin Martin e Dragic, ovvero un’autentica tragedia per una squadra che vuole ricominciare.

Odom ormai è più un personaggio televisivo che un giocatore, e che lassù lo perdonino per tutto quel talento sprecato; Scola è solido ma quest’anno spegne 32 candeline; Martin è sempre più in calo di rendimento. L’unico a salvarsi sarebbe stato Dragic, il quale però diventa free agent quest’estate.

Per fortuna i piani del GM Dell Demps (e degli altri proprietari NBA) erano altri: non rilevare contrattoni, ma giocatori futuribili che potevano migliorare la squadra. Questo ci porta allo scambio con i Clippers che hanno portato a New Orleans Kaman, Aminu e Gordon.

La squadra quest’anno non era malaccio – sicuramente non era a livello di playoff – eppure anche a causa dell’incredibile serie di infortuni i risultati sono stati modesti.

Tutto sommato, il gruppo è giovane (il più vecchio è Kaman che ha da poco compiuto trent’anni) e di prospettiva. Nella frontline gli Hornets possono contare appunto sul “tedesco”, reduce da una buona stagione, anche frutto del fatto di essere nel suo ultimo anno di contratto, il che lo ha portato ad essere accostato ai Celtics, Heat, Pacers.

Okafor ha giocato troppo poco (27 partite) per problemi fisici. Carl Landry si è dimostrato, come sempre, un solido aiuto dalla panchina, capace di dare tanto in pochi minuti: 12,7 punti, 5,4 rimbalzi e 1 assist di media in 25 minuti.

Jason Smith, il bianco da Colorado State, è quello che ha saputo sfruttare al meglio i minuti in più concessi dagli infortuni dei suoi compagni, registrando 27 partenze in quintetto su 38 partite, con picchi da 26 punti contro Minnesota il 7 aprile. Gli infortuni sono stati così tanti che purtroppo ci hanno costretto a vedere il modesto messicano Ayon in quintetto la bellezza di 23 sere.

Nello spot di ala piccola il titolare inamovibile è Ariza, tallonato dalla panchina da un Aminu in crescita, nonostante le cifre siano tiranne con lui (5,8 punti di media), anche se esaltano un’ottima propensione al rimbalzo (4,4 in 21 minuti di impiego).

Dietro il motore del futuro è Gordon, sempre che riescano a tenerlo dato che diventerà restricted free agent il 1° luglio. La guardia da Indianapolis, classe 1988, ha giocato quest’anno solo 8 match a causa dei soliti problemi fisici (questa volta il ginocchio destro) che gli hanno fatto saltare un terzo delle partite giocate (105 su 309) da quando è stato scelto nel 2008 dai Clippers.

Negli 8 incontri disputati sempre in quintetto Gordon ha tenuto una media di 21 punti con 27 punti e 5 assist il 19 aprile contro Houston. Con lui in campo gli Hornets hanno perso solo due partite.

L’altro giocatore interessante è il venezuelano Vasquez, play di 1,98 metri da Maryland, che ha mostrato buone cose in stagione con partite tra i 15 e 20 punti accompagnate con ottimi numeri nella categoria assist.

E Marco? Il Beli si trovava ad affrontare una stagione difficile. Dopo essere stato riconfermato dagli Hornets con un’offerta di 3,3 milioni per un anno, la nuova gerarchia imposta dall’arrivo di Gordon lo aveva rilegato al ruolo di panchinaro. I tanti infortuni occorsi quest’anno hanno permesso al ragazzo di Bologna di giocare 53 partite da titolare e di alzare le proprie medie: 11,8 punti, 37,5% da tre, in 30,1 minuti di media (massimo in carriera).

Le prospettive per New Orleans sono tutto sommato buone. La squadra ha dimostrato nell’ultima parte di stagione, con un po’ meno infortuni, di essere in grado di fare bene. Infatti nelle ultime dieci ha un record di 7-3. Le basi per una buona squadra ci sono già oggi.

E proprio per questo l’interesse si è rinnovato molto rispetto all’inizio dell’anno. A Dicembre si pensava che questo team fosse destinato a crollare; questo è avvenuto, ma oggi la situazione sembra molto meno drammatica di prima.

Questa ventata di ottimismo ha posto le basi per il passaggio di proprietà dalla NBA a Tom Benson, miliardario nato e cresciuto nella Big Easy e già proprietario dei New Orleans Saints vincitori del Super Bowl nel 2009. La NBA ha subito premiato l’acquisto della franchigia affidandogli il compito di organizzare l’edizione 2014 dell’All-Star Game.

La mossa della NBA può essere letta come parte dell’accordo per la cessione della franchigia al nuovo proprietario. Appena insediato ha subito dichiarato di voler cambiare il nome della franchigia, in quanto non rappresentativo. Come dargli torto dato che Hornets è un aggettivo che rappresenta la città di Charlotte, prima sede della franchigia, fin dalla guerra per l’indipendenza.

Nel prossimo draft gli Hornets avranno due scelte a disposizione tra le prime 14, una frutto della posizione in classifica, l’altra ricevuta dai Timberwolves, via Clippers, nella trade Paul. A meno di incredibili stravolgimenti, gli Hornets cercheranno di rinforzarsi con una buona presenza sotto canestro in primis e con una buona ala piccola.

Questo si prospetta come un buon draft. Aggiungere due buoni innesti significherebbe un buon punto per ripartire. I nomi di Anthony Davis, Kidd-Gilchrist, Thomas Robinson, Drummond, Sullinger, Barnes promettono bene.

Dal 1° luglio gli Hornets libereranno notevole spazio salariale con le scadenze dei contratti di Kaman (14 milioni) e Landry (9 milioni). A parere di chi scrive parte della somma risparmiata dovrebbe permettere agli Hornets di tenere Gordon in Louisiana, magari affiancandogli un gruppo solido, due buone scelte dal draft e magari uno o due veterani con esperienza che possano aiutare il gruppo di giovani a progredire facendogli da chioccia. Secondo gli ultimi rumors le intenzioni degli Hornets sarebbero quelle di provare a rifirmare Landry.

Ricapitoliamo: la squadra è molto giovane e futuribile; il proprietario è arrivato ed è disponibile; il GM ha fatto qualche errore, ma nel complesso si è comportato bene; l’allenatore sembra perfetto per questo sistema ed affidabile per il futuro. Sembra che non ci siano così tanti problemi per il futuro.

New Orleans ha solo due dubbi. Il primo è legato alle scelte dal draft e si risolverà solo a Newark, NJ, il 28 giugno. Il secondo legato al futuro nome della franchigia si risolverà solo in estate.

L’unica pecca di avere un nuovo proprietario potrebbero essere i cambiamenti insiti nel cambio di gestione. Ogni nuovo proprietario vuole piazzare i propri uomini in segno di discontinuità con il passato. Quelli che rischiano sempre di più sono il coach ed il general manager.

Per gli Hornets sarebbe veramente un peccato sostituire due persone capaci come Williams e Demps, che hanno retto bene nonostante la stagione difficile. A volte il miglior cambiamento consiste nel non farne alcuno. Speriamo, per il futuro di NOLA, che Benson sia di questo avviso e rinnovi la fiducia ai due.

Per Belinelli le cose diventano un po’ più complicate. Sarebbe facile per lui tornare in Europa in un top team e guadagnare molto di più. Ma questo ragazzo è ostinato. Ce l’ha già dimostrato a Golden State, rimanendo in panchina inutilizzato per quasi due stagioni, ce l’ha dimostrato ai Raptors, ce l’ha dimostrato in questa stagione difficile.

Questo è un giocatore che deve fare a spallate con gente più alta, con più fisico e con più talento. E riesce a stare in campo. Nell’ultimo anno e mezzo il suo gioco è migliorato sensibilmente. Il futuro di Marco sarà quello di giocare da specialista, in grado di dare tanta qualità in pochi minuti, continuando a battagliare.

Questo è un duro. Forse nel dicembre 2008, quando i tifosi dei Warriors gli cantavano il coro “Rocky! Rocky!” si riferivano solo alla sua affinità fisica con il pugile del grande schermo; ma oggi la sua forza mentale e la sua tenacia è ben più che visibile. Sarà questa tenacia che ha spinto Paul a chiamarlo a New Orleans e lo ha avvicinato ai Bulls questo inverno?

Quest’estate squadre di medio-alto livello potrebbero proporgli un contratto, sempre come tiratore specialista. La guardia numero 8 non farà mai scelte in base al denaro: dovrà scegliere tra una squadra vincente (se qualcuna gli offrirà un contratto) e rimanere a New Orleans, un posto dove lo adorano, sia tifosi che staff. Qui ritroverebbe un buon allenatore, Monty Williams, con cui ha legato parecchio ed una franchigia che ha tanta voglia di fare bene.

Una cosa è sicura: Marco non giocherà più nei New Orleans Hornets. Sarà lui a cambiare squadra o sarà la squadra a cambiare nome?

4 thoughts on “New Orleans fra presente e futuro

  1. Ayon è molto meglio di tanti pari ruolo giovani.

    Belineli rimarrà a NO. Il rapporto tra lui, i compagni e l’allenatore sono eccellenti. Ha trovato il posto ideale. Sa qual è il suo ruolo, conosce le richieste di Monty, che si fida di lui. Per cui, salvo stravolgimenti, rifirmerà.

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