Lopez e Hibbert: il futuro del ruolo è (anche) nelle loro mani

Sebbene le onorificenze annuali siano spesso opinabili e talvolta ingrate verso i cosiddetti “mercati minori” (espressione cinicamente disincantata che ci ricorda la convergenza fra sport e business nel professionismo), resta vero che il palmares non viene mai ignorato quando si tratta di elogiare il curriculum di una stella Nba…

Ebbene, dando un’occhiata alla bacheca di quest’anno ci si accorge che: nei tre All Nba Team dell’ultima stagione, l’unico centro puro è stato Howard; nelle votazioni per Mvp, il solo centro presente è stato Dwight; all’All Star Game, se escludiamo (guardando al futuro) gli ormai ritirati Yao e Shaq, gli altri contendenti per la partita erano: Noah, Bogut e Horford ad Est; Bynum, Nene, M. Gasol  e Okafor ad Ovest. Più, ovviamente Dwight Howard ad Est.

Tolto Howard, di centri di cui ci ricorderemo fra vent’anni, per ora, sembra non se ne veda nemmeno l’ombra…

Howard: l’ultimo centro?

Il gioco è così cambiato che, attualmente, si può persino dubitare che, in fondo, Howard sia un centro “puro”, quanto piuttosto un giocatore così limitato tecnicamente che non può giocare che da cinque.

Di Dwight è infatti innegabile che:

– non ha un gioco offensivo vagamente presentabile per essere utile anche come ala grande;

– per atletismo ed esplosività è un mismatch per quasi tutti i centri “contemporanei”

– costringe la difesa ed impegnarsi “fisicamente” su di lui, per negare affondate o appoggi facili, caricandola di falli e creando spazi per i suoi compagni.

Eppure, è utile guardare retrospettivamente anche ai suoi primi passi in Nba, poiché “ognuno è sempre figlio della sua storia”.

Da rookie, trova come unico centro in squadra il neo-acquisto Kelvin Cato (6-11): molto simile a Dwight come limiti di gioco, un po’ più tosto ed esperto (ecco perché giocò lui centro) ed ormai al settimo anno di una carriera chiaramente non destinata agli annali più prestigiosi.

Dopo un anno in cui i due hanno condiviso lo starting five, Cato viene scambiato per il 7-0 Milicic, che ai Magic viene utilizzato per 20 minuti a partita come secondo centro, Dwight finisce così a far coppia fissa in quintetto con Tony Battie, decisamente più “tiratore” di Howard. L’anno successivo è lo stesso copione con Darko (24 minuti di media) e Tony (anche lui 24 minuti), che si avvicendano affianco a Howard.

La stagione successiva, i Magic scelgono al draft Marcin Gortat, praticamente la “versione polacca” di Howard (e per “polacca” intendo “europea”, e per “europea” intendo “vagamente più tecnica”…). Ma, soprattutto, arrivano coach Stan Van Gundy e Rashard Lewis… L’anno successivo l’attacco “4 out – 1 in” di coach Stan arriva in finale e Dwight viene consacrato, innegabilmente, “centro del presente e del futuro prossimo dell’Nba”.

Howard è dunque passato dal giocare, offensivamente, affianco a Cato come ala-centro, a Battie come primo lungo, poi con Lewis in veste, inevitabilmente, di centro puro; quindi, a ben vedere, non è “nato” in Nba già in veste di “cinque”, come invece capitato ad alcuni suoi precursori, ma lo è diventato, sia per mancata (o quasi) evoluzione tecnica e del suo raggio di tiro, sia per propizi cambiamenti di roster.

Proviamo a pensare a qualcuno che ha avuto invece un percorso differente.
Risincronizziamoci ai nostri giorni e guardiamo per un attimo a Stoudemire… se non avesse costruito, con gli anni, un ottimo tiro piazzato dalla media, non sarebbe finito anche lui a “fare l’Howard” (nella squadra giusta): giocate in pick n’ roll, ricezioni dinamiche, qualche lob, “rimorchio” rapido in contropiede ed aggressivi tentativi in palleggio per attaccare il ferro. Non sarebbe stato poi considerato centro?

Detto in altri termini: qualunque giocatore alto circa 6-11 con raggio di tiro drasticamente limitato, ma in grado comunque di segnare in buone quantità, gioca centro in attacco? Si (e fin qui siamo ad un copione “classico” in Nba).

Quanti ce ne sono oggi? Solo uno (tale penuria è invece forse una novità storica), ancora in grado di sfuggire all’“evoluzione darwiniana” del gioco, che spinge i centri a dotarsi almeno di un dignitoso piazzato dall’angolo o dal gomito, se non di un fade-away dal post basso.

Per questo Dwight rappresenta una tipologia di centro ormai anacronistica: tira da oltre tre metri neanche 2 volte a partita, dai tre metri ad un metro 4,5 volte ed in ben 7 occasioni direttamente al ferro (di cui 2,9 sono schiacciate…); 68% dei tiri sono quindi da dentro il pitturato ed i relativi canestri sono su assist solo nel 46% dei casi.

Nel complesso, dopo Bogut (48,2%) è il centro che segna meno su assist (53,2%), ed essendo comunque “bersaglio” frequente di alley oops, è un risultato davvero notevole, indice di come sia più che adatto, per autonomia, ad essere il perno (pivot, in francese…) del’attacco della sua squadra.

Chiediamoci inoltre: quali sono le due situazioni che coinvolgono un centro in attacco?
Da sempre, il post up (prendere posizione spalle a canestro) e, moda dell’ultimo ventennio, il pick n’ roll.

Ebbene, il nostro Howard tira dal post up nel 59% dei casi (l’unico altro centro a superare il 50%, è Hibbert, con 51,6%) e per “Punti per possesso” (Pps) segnati da questa situazione è a quota 0,93 Pps (tra i “concorrenti”, lo supera solo B. Lopez con 0,96), mentre è primo per rendimento in pick n’ roll (ovviamente da bloccante, con 1,43 Pps), soluzione che però adotta solo nel 6,8% dei suoi attacchi.

Si può concludere che, per quanto non abbia ancora movimenti alla Olajuwon (ma continua a migliorare, seppur  con lentezza), non sia “dominante orizzontalmente” come O’Neal, né legga il gioco come Sabonis, Howard è il centro più “puro” in circolazione.

Dimostrazione ad absurdum: se provassimo a sostituirlo con altri centri Nba (o, ancor peggio, con ali-centro), difficilmente otterremmo risultati migliori dei suoi, salvo dover modificare drasticamente il playbook

Ed esempio: Marc Gasol è troppo meno atletico (quindi niente lob al ferro o isolamenti con partenze frontali); Pau Gasol e Duncan sono molto più versatili (bisognerebbe quindi coinvolgerli anche in post alto ed in altre situazioni); Kaman e Al Jefferson, sono “troppo tiratori” (andrebbero cambiate le spaziature dell’attacco); forse, Bogut, ma non è abituato ad essere il fulcro dell’attacco.

L’unica buona alternativa sarebbe Andrew Bynum che, offensivamente, può/deve giocare centro puro come Dwight (entrambi tirano in media da poco più d’un metro dal ferro), anche se finora non ha avuto lo stesso carico di responsabilità (e già molti più infortuni).

 

Se invece provassimo a sostituirlo, tatticamente, con Olajuwon o Shaq o Ewing  (26enni) non sarebbe necessario “resettare” drasticamente tutto l’attacco di squadra; fermo restando che, tecnicamente, nei confronti dei “dottori” Hakeem e Pat, Howard sta ancora finendo le scuole medie.

L’era dell’ “Open Post Offense”?

Passando dal singolo alla realtà di squadra, si rischia di incappare nel celeberrimo “regresso ad infinito” fra l’uovo e la gallina: non si attacca più impostati sul centro perché scarseggiano buoni centri puri, oppure scarseggiano buoni centri puri perché si gioca poco “sul” centro?

Se da un lato, a prima vista, non c’è più quella quantità di centri All Star come negli anni ’90, dall’altro, anche il gioco è gradualmente cambiato, sia nelle regole che nei trend tattici, richiedendo maggior doti di eclettismo a tutti i ruoli, “lunghi” inclusi. Di sicuro, c’è in Nba un’attuale  tendenza diffusa a “delocalizzare” il gioco offensivo rispetto al centro area, lasciando che il post basso sia lo spot dove vengono sfruttati i mismatch a disposizione, a prescindere dal ruolo; anche perché, la gamma tecnica degli esterni sta iniziando a contemplare sempre più spesso anche dignitosi movimenti spalle a canestro.

Come abbiamo visto la volta scorsa, i centri sono sempre meno coinvolti come finalizzatori (Usg% medio in calo negli ultimi anni), ma, d’altro canto, pare che il ruolo stia iniziando ad essere utile anche nella circolazione di palla: i centri segnano meno, ma, in proporzione passano di più.

Consideriamo l’ Assist Rating (ovvero la percentuale di assist sui possessi usati da un giocatore) dei centri con almeno 20 minuti di media e 40 partite giocate, negli ultimi cinque anni: 2007: 12,6%, 2008: 13,4%; 2009: 13%; 2010: 13,6%; 2011: 14%. Un aumento leggero che, tuttavia, accostato al calo dell’Usg%, può alludere a come i centri vengano coinvolti dai rispettivi attacchi, non tanto come realizzatori, ma almeno sempre più come passatori (volendo vedere il bicchiere mezzo pieno).

Il motivo tattico che coniuga questi due aspetti (meno tiri, più assist), è che, vuoi per mancanza di un centro fuoriclasse, vuoi per rendere la vita più difficile alle difese attuali, vengono scelti sempre più di frequente attacchi “open post”, ovvero che non prevedono una presenza fissa e sistematica in post basso.

Non si tratta di regredire al fanciullesco “5 fuori” in stile mini-basket, quanto piuttosto di “formazioni ad A” (uno in punta, due ai gomiti, due agli angoli, tipo quella usata dagli Heat; v. video), “1-4 high (o stack)” o “4 out – 1 in” in cui per “dentro” di intende il post alto o la lunetta in genere.

Un attacco “open post” consente proficuamente di:

– coinvolgere maggiormente il post alto, che ha angoli di passaggio e versatilità tattica maggiori del post basso;

– lasciare l’area difensivamente sgombra per gli isolamenti e le penetrazioni degli esterni;

– allargare la difesa, ostacolandone le rotazioni, sia in caso di pick’ n roll che di ribaltamento

– valorizzare la linea di fondo con tagli, uscite dai blocchi e scarichi

– poter disporre di un post basso libero per sfruttare i mismatch (di tutti i ruoli)

Con il tempo, questa impostazione, è destinata probabilmente a radicarsi sempre più nel gioco, plausibilmente sfociando in quintetti con tre ali (pur di differente altezza) e due guardie; ma difficilmente giocatori inutili in attacco a più di tre/quattro metri dal ferro, riusciranno ancora ad avere un impatto quantitativo sull’attacco (dubito ci saranno nuovi Howard o Shaq); fermo restando che, come sempre, potranno calcare il parquet se sapranno almeno essere un fattore in difesa (o il roster non offrirà, drammaticamente, nulla di meglio).

Parlando del futuro, cosa “offrono” i giovani? Quali sono i centri autentici con meno di 25 anni, quelli che scriveranno il prossimo decennio dell’Nba? B. Lopez (22 anni), Bynum (23),  Hibbert (24). Non ne trovo altri (su di loro torneremo adeguatamente in seguito). Peccato che solo Lopez abbia giocato circa 35 minuti a partita e gli altri due non raggiungano i 28.  Ci sarebbe, nominalmente, anche Horford (24 anni), ma non è affatto un centro classico, pur essendo giocatore di elevato valore per concretezza e duttilità.

Poco più “vecchi”, ma degni almeno di una “mensione d’onore”: D: Howard (25), Joakim Noah (25), A. Bogut (26) e M. Gasol (26).

Ci sono poi altri giovani lunghi “under25” di valore, ma che non si prestano ad essere così rilevanti da strutturare un attacco:

– Spencer Hawes (22), la reincarnazione di Brad Miller, liberi esclusi; può avere un buon valore tattico, ma dipende da chi lo affianca nel front court...

Yi Jianlian (23); nonostante le percentuali, è palesemente un tiratore puro, un Bargnani più atletico, ma meno talentuoso; anche lui vede oscillare il suo valore in base alle caratteristiche degli altri quattro con cui divide il campo;

– Andreis Biedrins (24), spesso sottovalutato come efficienza su entrambi i lati del campo, e, secondo il sottoscritto, potrebbe migliorare almeno un po’ come attaccante, se adeguatamente seguito in allenamento e coinvolto di più in partita.

JaVale McGee (23); alto 7-0, wingspam 7-6 e leggero come un aliante. Se si applica anche ai rimbalzi difensivi oltre che alle stoppate, ed inizia ad essere coinvolto nelle trame dell’attacco con qualcosa di diverso dagli alley oops, può venire fuori una buona presenza su entrambi i lati del campo. Pensate se (utopia, temo) usasse più spesso un gancio (cielo?) affidabile ed iniziasse a giocare, di tanto in tanto, spalle a canestro… persino Mutombo, saltuariamente, sapeva sfoderare il gancione e, fidatevi, come potenziale offensivo (controllo del corpo, coordinazione, e tocco sulla palla), JaVale è su un altro pianeta…

Per il resto, è impossibile sapere se Thabeet sarebbe stato oggi almeno un clone di Hibbert, se non avesse trovato Marc Gasol già in squadra, o se Oden si sarebbe già affermato come centro di riferimento fra i giovani, se non fosse stato afflitto dagli infortuni… come per Howard, “ognuno è figlio della sua storia”.

To be continued…

9 thoughts on “Focus: palla al centro? (Part 2)

  1. mah, aspettiamo DeMarcus Cousins e – in minor misura – Greg Monroe (+ ala, per i miei gusti)…

  2. Lopez, Bynum e Hibbert saranno, se si daranno fare, la créme de la créme dei centri…

    Howard per ora è l’unico che ha scritto qualcosa nella lega, imho il 70-80% delle persone costrette a scegliere un 5 titolare prenderebbero lui.

    Noah per me non è un centro, è troppo sottodimensionato rispetto gli altri citati, però è anche il più animalesco e che ci mette un po’ di maroon :D

    Bogut forse in questi ultimi due anni è arrivato alla consacrazione, io aspetto di vederlo con almeno 4 giocatori decenti attorno prima di dargliela vinta.

    Gasol. L’ho sempre criticato, in sti giorni ho guardato qualche partita dei Griz’ un po’ più concentrato e devo dire che mi sono quasi innamorato. E’ “abbastanza” intenso, è veramente un “parallelepipedo” enorme XD tecnicamente ha ancora da imparare, ma almeno quanto i suoi colleghi e gioca in aiuto. E’ la mia riserva per Howard in un fanta-quintetto.

    – Spencer Hawes (22), la reincarnazione di Brad Miller, liberi esclusi; può avere un buon valore tattico, ma dipende da chi lo affianca nel front court. (prevedo stessa fine di Brad Miller)

    – Yi Jianlian non è nemmeno un centro quindi non ne parlo. Già il paragonarlo a Bargnani, un’altra ala grande, dice tutto.

    – a Biedrins vorrei dare qualche anno perchè mi puzza di buon giocatore che può dire tranquillamente la sua. Spero non mi deluda perchè ha fatto vedere buone cose.

    – McGee con la tecnica e tutto quello detto da Fraccu sarebbe, citando Buffa, “illegale”. Detto tutto.

    – Cousins, per ora mi sembra stupido almeno quanto Howard, però più passatore. Ha tutto il tempo che vuole per farmi ricredere.

    Ripeto quanto detto nella prima parte dell’articolo. I centri di oggi rispetto al passato sono completamente privi di tecnica. Ho il sospetto che il pensiero di questi giganti ormai sia:”in NBA i lunghi si contano su una mano, quelli con tecnica puoi contarli addirittura con le orecchie. Io sono grosso, finisco in NBA e mi pagano tanto perchè occupo più spazio di tutti…che mi frega di imparare un gancio cielo o un DreamShake”

  3. io credo sia anche colpa di chi ci lavora al college, prendi Olajuwon, fu scoperto ragazzino da un osservatore dei Rockets, lo portarono negli States e lo fecero iscrivere a scuola, dal suo primo anno ai Cougars(credo si chiamasse così la squadra collegiale di Houston), Hakeem ha lavorato tanto sulla parte tecnica grazie a chi gli stava intorno, io credo che oggi siano i coach a fare il ragionamento “Ho un lungo atleticamente devastante lo sfrutto solo col fisico” cosa fatta ad esempio con Thabeet, un fenomeno nell’NCAA, ma scomparso in NBA, perciò credo sia ora che al college si faccia ciò che si faceva una volta, ovvero preparare i giocatori per l’NBA senza l’assillo di dover vincere per forza, l’NCAA ormai sta perdendo valore.

  4. I 3 Buoni centri arriveranno il prossimo anno con il Draft soprattutto il primo….

    Andre Drummond,Festus Ezeli, DeWayne Dedmon

    Cmq non sottovaluterei la crescita di DeAndre Jordan quanto lo vorrei vicino a CP3….

  5. Cousins (come Blatche) non è un centro vero, quanto piuttosto un’ala grande alla Webber, o Coleman, o Garnett (però allevato in un McDonalds…), cioè un lungo (6-11) con buone mani per il tiro ed il passaggio, ma anche capacità e movimenti per giocare spalle a canestro… solitamente viene infatti listato come ala, sebbene, avendo come compagno di reparto Dalembert, in attacco il pitturato sia tutto suo (spesso per isolamenti) e giochi come un centro (non essendocene altri).
    Se, per ipotesi, arrivasse un centro vero, DeMarcus (idem per Andray) non avrebbe problemi a convivere offensivamente con lui, avendo anche un buon tocco dalla media e sapendo giocare anche fronte a canestro; per cui, inserirlo fra i centri del futuro, può essere anche lecito, ma forse è più corretto parlare di “lungo”…

    Per McGee, credo si possa essere ottimisti: il potenziale c’è, lo spazio anche, i minuti sono in crescita, l’età è dalla sua… se lo staff dei Wizards ci crede, può venire fuori un centro coi fiocchi…

    Biedrins, purtroppo, non ha avuto invece la fortuna di avere adeguato coinvolgimento in attacco ed è ancora offensivamente acerbo come un rookie, seppur (ripeto, opinione personale) “potrebbe fare di più”; tuttavia, con la trazione posteriore di Curry & Ellis ed i ritmi alti, difficile essere speranzosi per lui…

  6. Noah sottodimensionato? minchia, un 213 da quando è sottodimensionato?
    Un altro che viene spesso considerato sottodimensionato è al jefferson, uno scricciolo di 208 cm per 124 Kg.

  7. Cousins rispetto ai sopracitati è il più talentuoso. Non dimentichiamoci che è un sophomore (2011/12) che partirà da una base di punti , rimbalzi e assist notevole. Ha mani dolcissime, sa passare la palla, ha discreti movimenti vicino a canestro, un buon tiro dalla media ed è uno che vuole essere protagonista nei finali. Se crescerà in egual misura di testa e tecnica sarà il migliore di tutti i concorrenti Howard incluso.

    Perchè sono certo che all’età di 25 anni se sarà un minimo maturato la doppia doppia e 4/5 assist a gara saranno una consuetudine. In realtà è un’ala grande ma può cimentarsi da centro.

    Esagero? Forse si forse no.

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