Josh Smith, l'uomo simbolo degli Hawks, è in partenza?

La sera del 24 giugno del 2004, David Stern si presenta al microfono e chiama a indossare il cappellino degli Atlanta Hawks tale Josh Smith.

Smith, diciassettesima scelta assoluta, è un ragazzino classe ’85 uscito direttamente dall’High School, un’ala piccola mancina di 6’8 con braccia e falcata lunghissime e dal corpo atletico seppur molto slanciato, ma paradossalmente considerato dagli addetti ai lavori poco fisico: ovvero, strepitoso a riempire la sua corsia in contropiede o attaccare la linea di fondo con partenza in palleggio incrociato, ma ampiamente rivedibile nel lavoro sporco e nel guadagnarsi la pagnotta nei contatti fisici sotto i tabelloni.

Chi lo ha visto giocare sostiene che sia molto forte difensivamente e che ami soprattutto volare abbondantemente sopra il ferro sia per rispedire al mittente i tiri avversari sia per inchiodare qualche schiacciata spacca-ferro sul fronte offensivo.

Addirittura da qualche tempo prima del suo passaggio dalla McEachern High School alla più nota Oak Hill Academy Josh aveva prodotto di sua iniziativa un DVD che raccogliesse le sue schiacciate più spettacolari, che già all’epoca lo fanno pensare come uno dei possibili best dunkers del futuro. Negli occhi dei tifosi Hawks una sola speranza, cioè che quel ragazzino che sceglie di indossare la canotta numero 5 sia il degno erede di Dominique Wilkins.

Il rookie Josh Smith mette in campo esattamente quello che tutti si aspettano, obiettivo non esattamente banale per un giocatore al primo anno nella Lega, e nonostante Atlanta incappi in una stagione fallimentare (appena 13 vittorie) Smith inizia subito a lasciare il segno: oltre a essere vincitore incontrastato dello Slam Dunk Contest del 2005 a Denver, Josh parte ben 59 volte in quintetto e finisce la stagione con 9.7 punti, 6.2 rimbalzi e ben 1.95 stoppate a serata, entrando addirittura nel libro dei record della Lega come il più giovane giocatore della storia ad essere arrivato in doppia cifra nella casella “stoppate” in una singola partita grazie alle 10 rifilate ai Mavs ad appena 19 anni e 13 giorni; l’anno successivo il copione più o meno si ripete: 11 punti, 6.6 rimbalzi e addirittura 2.6 blocks per game. Mica male.

Perfetto, pensano tutti, ne verrà fuori un gran difensore che non combina troppi danni in attacco. Sì, perché il tiro mancino è tutt’altro che affidabile e nemmeno troppo bello da vedere, le idee offensive rimangono confuse e se non riesce ad arrivare abbastanza vicino al ferro da volarci sopra il ragazzo non è un grande pericolo per le difese avversarie.

E invece a Josh improvvisamente viene voglia di cambiare: oltre a decidere le partite nella propria metĂ  campo vuole diventare un fattore anche offensivo; lavora tanto a livello fisico aumentando in modo importante la muscolatura e il peso, imbastisce un lavoro a lungo termine per aumentare il range del suo tiro dalla media distanza e si costruisce un semigancio letale specialmente se confezionato dalla mano sinistra.

La prima opzione rimane sempre far tremare il ferro, ma adesso esiste un più che dignitoso piano-b, e i risultati non si fanno attendere: a fine stagione può vantare le seguenti cifre: 16.4 punti, 8.3 rimbalzi, 3.3 assist, 1.4 steals e 2.9 stoppate, tutti career highs, che lo fanno iniziare ad essere considerato tra le più impattanti ali della Lega, grazie anche a prestazioni da 30 e più punti e serate da autentico dominatore d’area.

Da quella stagione 2006/07 Josh Smith cambia “ufficialmente” ruolo, grazie anche appunto a un adeguamento della struttura fisica muscolare, che gli permette di spostarsi dal ruolo di ala piccola (dove comincia a soffrire le lacune nel tiro da fuori) a quello di PF che tuttora predilige.

Dall’exploit del 2007 in ogni caso, J-Smoove non abbasserà praticamente mai quegli standard, e grazie agli arrivi eccellenti di Joe Johnson, Al Horford e Marvin Williams Atlanta si trasforma velocemente in una squadra vincente, che nel 2008 porta i Celtics dei Big3 a gara7 nel primo turno, vince 47 partite e esce in semifinale di conference l’anno successivo, arriva a 53 vittorie nel 2010 per scendere poi a 44 nel 2011, anche a causa dei problemi fisici di alcuni membri dello starting five.

Ma Atlanta, pur rimanendo sostanzialmente intatta negli ultimi 3 anni non riesce mai a compiere il definitivo salto di qualità per ambire concretamente al titolo, uscendo sempre in semifinale di conference senza mai dare l’impressione di poter arrivare più lontana. Lo stesso Smith subito dopo i Playoff 2011 chiede di essere ceduto, vista l’impossibilità per la franchigia della Georgia, dimostrata sul campo, di lottare per l’anello.

Poi, quasi all’improvviso, inzia la stagione, e chi pensa che il numero 5 “vivacchi” in attesa di fare le valigie rimane profondamente deluso: Josh infatti, anche grazie all’assenza pesante in mezzo all’area di Al Horford incrementa ulteriormente le proprie statistiche, volando letteralmente a 17 punti, 9.9 rimbalzi (e qui i miglioramenti sono stati veramente impressionanti specialmente nella qualità del tagliafuori difensivo), 4 assist e 2 stoppate, ma soprattutto dimostrandosi uno “con gli attributi” in più di un’occasione, risultando spesso decisivo nel bene e nel male per la propria squadra. Un uomo-franchigia insomma. Uno che è talmente importante per la sua squadra che il record degli Hawks quando segna almeno 19 punti recita 13W-0L.

E uno degli assenti più clamorosi all’All Star Game di Orlando: in un’intervista al veleno nei giorni prima della partita delle stelle Smith rinomina l’NBA “Nothing But Associates”, sostenendo che i prescelti per la domenica fossero tutti o quasi in qualche modo “raccomandati”.

Dopo la pausa dell’ASG Smith, forse anche per dimostrare una volta di più di meritare un posto tra i migliori della Lega, non rallenta per nulla, anzi. I 24+19 con Milwaukee e i 30 infilati nell’insperata vittoria in rimonta su Durant e compagni qualche giorno fa, con un ultimo quarto da dominatore assoluto con 13 punti pazzeschi, ne sono l’ennesima riprova: Josh ormai è un top player NBA almeno per quello che riguarda lo spot di PF.

Come per ogni giocatore sulla faccia della terra, ci sono punti di forza e inevitabilmente debolezze: i limiti rimangono soprattutto a livello mentale, perché a volte pare addormentarsi un po’ in campo e giocare quasi controvoglia, ma quando si accende e prende fiducia è davvero incontenibile.

Il termine “incostante” è un po’ abusato ma per Smith secondo me è azzeccatissimo, basti pensare che la partita prima delle due super prestazioni con Bucks e OKC citate in precedenza aveva tirato 5/20 nella brutta sconfitta con Golden State. Un giocatore umorale che lascia quindi parecchi dubbi: potrebbe soffrire le partite importanti, le serie di PO combattute, le partite senza appello.

Forse è per questo che non è ancora considerato tra i giocatori che “spostano”. E rimangono al di là dei numeri le ampie lacune per quanto riguarda la comprensione del gioco e l’intelligenza cestistica…

Come detto, non è ancora chiaro quale sarà il suo futuro a breve/medio termine, perché i sintomi di un certo malcontento del giocatore ci sono e i trade-rumors si sprecano, ma la sua situazione contrattuale complicata non aiuta ad inserirlo in uno scambio.

Smith, infatti, come anche alcuni altri giocatori (quasi tutti di primo o primissimo piano), ha una clausola contrattuale, il cosiddetto “trade kicker” del 15%: questo in parole povere significa che se il giocatore venisse scambiato riceverebbe un bonus del 15% del valore del rimanente del suo contratto che causerebbe poi uno squilibrio tra le parti difficilmente colmabile visto che le regole NBA permettono scambi solo con una certa proporzione tra i contratti in uscita e in entrata. Se ve la cavate con la lingua inglese questo link spiega il tutto un po’ più approfonditamente, e pur essendo l’articolo di giugno la situazione proposta è comunque “attuale”

Nonostante queste complicazioni di natura puramente economico-burocratica Smith ha molti pretendenti e lui stesso sarebbe più che intenzionato a lasciare gli Hawks. Su tutti, pareva che fossero i Boston Celtics, alla ricerca di giovani stelle per sostituire la vecchia guardia dei Big3, ad aver presentato concretamente un’offerta che comprendeva anche il contratto in scadenza di Kevin Garnett, ma Atlanta non pare disposta a seguire questa strada.

E allora? Le trattative sembrano troppo complesse per essere avviate e concluse entro metà marzo, e allora sembra più probabile che il futuro di J-Smoove venga deciso in estate, anche perché Atlanta si sta muovendo negli ultimi giorni soprattutto per scambiare un Joe Johnson in calo per arrivare a un top player (si vocifera di Monta Ellis, che però è accostato a parecchie squadre).

La dimensione ideale di Josh probabilmente rimane quella di spalla di un leader più tradizionale anche come personalità, che è stato certamente in un primo momento Johnson (che sembra però molto in declino) ma che adesso pare essere un ruolo vacante in Georgia.

Atlanta probabilmente dovrĂ  cambiare qualcosa, ma siamo sicuri che nei punti fermi della squadra, a patto che la dirigenza si dimostri coi fatti ambiziosa a qualcosa di piĂą di una semifinale di Conference stiracchiata, ci sarĂ  il numero 5 con la fascetta in testa e lo sguardo cattivo.

Il ragazzino del 2004 è diventato un uomo. E anche se la fede nuziale ce l’ha già da un paio d’anni, sono certo che la vecchiaia vorrebbe passarla con qualche anello in più alle dita…

3 thoughts on “Focus: Josh Smith

  1. Continuo a non amarlo. PiĂą spettacolare che efficiente.
    Forse il suo problema e allo stesso tempo la sua peculiaritĂ  è il suo essere un “3 e mezzo”. Troppo atletico per il 90% dei 4, troppo poco educato a livello tecnico per il 90% dei 3.

  2. Io penso che dovrei vederlo in una grande prima di giudicarlo … ad Atlanta è difficile resistere anni con l’impegno che ci ha messo lui , sapendo che non vincerai mai niente…
    sarei curioso di vedere Gasol ad Atlanta e Smith e Tegue ( o Hinrich ) a Los Angeles …

  3. Secondo me i Lakers ci provano….. a quanto pare provano uno scambio con Gasol con Smith che farebbe un’pò quello che faceva Odom, ovvero sia il 3 che il 4……..

    Con l’innesto di Smith e Beasley per Gasol e Barnes non sarebbe male per LA…..

    Se poi arriva anche Felton per Blake il cerchio si chiude.

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