Coach Brown a colloquio con Kobe Bryant: i dubbi non sono tanto su questo nuovo sodalizio, ma sul roster della squadra...

Quando i Los Angeles Lakers e Phil Jackson si sono detti addio, in estate, le alte sfere gialloviola hanno scelto la strada dello smantellamento di tutto ciò che poteva ricordare loro la triangle offense e le idee di coach Zen, eliminando chirurgicamente l’intero staff (tranne l’eroico Gary Vitti) e chiamando alla guida della squadra Mike Brown, coach of the year nel 2009 con i Cavs.

Se, come sostenuto da molti, il crollo verticale con i Mavs dello scorso anno fosse stato principalmente dovuto alla fatica (anche mentale) delle tre Finals consecutive tra 2008 e 2010 i Lakers avrebbero potuto (anzi, dovuto) chiamare alla guida della squadra l’erede naturale di Jackson, Brian Shaw, e mantenere sostanzialmente inalterato il roster a disposizione.

Invece, come tutti sappiamo, è successo esattamente l’opposto: Buss e Kupchak hanno deciso che fosse giunto il momento della ricostruzione, e per prima cosa hanno offerto Pau Gasol e Lamar Odom per arrivare al più talentuoso playmaker della Lega, Chris Paul.

Una volta saltato l’affare (che di fatto si era già concluso), i Lakers si sono trovati in una situazione molto scomoda, con due giocatori importantissimi come Gasol e Odom di fatto considerati fuori dal nuovo progetto: Lamar è stato praticamente regalato ai Dallas Mavericks (dove è alle prese con una stagione sotto le aspettative), Pau è rimasto in circostanze tutt’altro che chiare e Kobe Bryant, quello che dall’estate 2004 decide tutto quello che c’è da decidere per i Lakers,  non l’ha presa benissimo.

A caldo, a inizio stagione, ha subito criticato la scelta della cessione di Odom, e le sue ultime dichiarazioni hanno evidenziato anche un certo malcontento per la gestione del caso-Gasol. Un senso di frustrazione che coinvolge gran parte dei tifosi gialloviola, convinti (a ragione) che una squadra con questo organico non sia pronta per competere per il titolo NBA.

Prima di parlare delle prospettive future della franchigia californiana proviamo ad analizzarne la prima metà di stagione regolare.

I Lakers in questo momento sono quinti a Ovest (19W-13L) e secondi nella Pacific Division alle spalle dei cugini storicamente “poveri” di LA, i Clippers. I gold&purple hanno mostrato preoccupanti saliscendi di prestazione, passando senza soluzione di continuità da partite che convincono anche i più critici a non cancellarli dalla lista “contenders” a serate in cui finiscono per essere la brutta copia di sé stessi.

In particolare la statistica più interessante di questo 2012 riguarda la differenza di rendimento dei losangelini tra la partite allo Staples Center (appena 2 sconfitte in 16 partite casalinghe) e quelle in trasferta (5W-11L il record).

I problemi attuali, a parte la delicata situazione fuori dal campo e uno spogliatoio storicamente dalle dinamiche molto complesse, riguardano soprattutto l’attacco, e lo dicono i numeri: i Lakers con 93.0 punti segnati a partita sono il 23° attacco della Lega.

Non mi piacciono particolarmente i confronti con gli anni passati, ma non si può ignorare nemmeno il fatto che l’anno scorso LA andasse a 101.5 ppg  e fosse al 9° posto in classifica. La sensazione è che i Lakers 2012 e i Lakers 2011 abbiano moltissime analogie ma che in un anno si siano estremamente acuite le lacune che hanno sempre messo in dubbio la solidità dei losangelini delle ultime stagioni.

Per prima cosa, la scarsissima pericolosità perimetrale della squadra, che tira con un imbarazzante 29% da 3 punti (che si abbassa addirittura al 23% nelle partite perse): Kobe non è mai stato un tiratore eccezionale dala linea dei 7.25 e quest’anno da 3 sta tirando parecchio (con risultati simili a quelli della squadra), ma le mancanze in questa categoria statistica sono da imputare anche e soprattutto a un Metta World Peace che, cambio di nome e stabilità psicologica incerta a parte, non è mai stato così offensivamente inconsistente, e dallo scarso contributo dei playmaker, Fisher e soprattutto Steve Blake, spesso infortunato ma che potenzialmente avrebbe tutte le carte in tavola per risultare quella valvola di sfogo perimetrale di cui ha bisogna una squadra che ha tanti ottimi giocatori d’area (incluso il Black Mamba) e che quindi si trova sempre a che fare con difese molto chiuse.

Punto secondo, la panchina, ultima (e ripeto, ULTIMA) nella Lega per punti e clamorosamente inefficiente in confronto con praticamente qualunque altra. Una squadra che punta al titolo non può non avere una rotazione abbondante e le perdite negli ultimi anni di giocatori come lo stesso Odom (sesto uomo dell’anno la scorsa stagione), Shannon Brown, Jordan Farmar, non sono state del tutto assorbite dai nuovi arrivi, che faticano e stanno costringendo Brown a far giocare molti minuti in più del dovuto ai “titolari”, correndo il rischio, in una stagione che comprime moltissime partite in pochissimo tempo, di arrivare ai PO con il fiato corto e le gambe pesanti.

Conseguenza di tutto questo è l’aumentata presa di responsabilità offensiva di Kobe Bryant, che se già negli anni del back-to-back dei compagni si fidava comunque pochino, quest’anno ha deciso (e lo ha già fatto in parecchie partite) di mettersi in proprio, prendendosi molti possessi in più a partita rispetto alla scorsa stagione(è passato da 20 a 24 tiri dal campo, aumentato anche i tiri liberi e le palle perse da 3.0 a 3.9) e dando l’impressione di non considerare i membri della SUA squadra un gruppo con possibilità di vincere qualcosa.

Insomma, un Kobe che ricorda molto il Bryant versione 2005-06-07, anni in cui facendo tutto da solo non era mai riuscito in 3 anni a superare nemmeno un turno di PO.

La situazione era comunque molto diversa, perché il roster attuale è nettamente superiore a quello di allora e quel Bryant non aveva la maturità cestistica di quello attuale. E’ difficile criticare uno che è appena diventato il quinto miglior marcatore della storia della NBA e che a 33 anni è primo per punti a partita e nei primi cinque giocatori con più minuti in campo, il tutto con i legamenti del polso sinistro che definire messi male è un eufemismo e con un recente divorzio mica da ridere: però forse qualche responsabilità nel disastro offensivo di questi Lakers ce l’ha anche lui.

Per chiudere il discorso sull’attacco, non si può non parlare delle novità proposte da coach Mike Brown per il dopo triangle-offense jacksoniano, che pure sporadicamente appare più per abitudine che per reali intenzioni nei possessi offensivi dei Lakers.

Brown, che è sempre stato un allenatore che mette considera la difesa la priorità di una squadra che punti a vincere il titolo, un po’ come fatto ai Cavs, ha proposto un tipo di gioco che presuppone una circolazione di palla e una velocità di movimenti dei giocatori senza palla che non sembra essere ancora stato digerito del tutto, e che soprattutto presupporrebbe giocatori in grado di creare non dal palleggio (Kobe) ma dal passaggio, e non è una novità rimarcare l’assenza di un playmaker “puro” nei Lakers attuali, assenza che in un sistema come il triangle offense non si sentiva più di tanto ma che invece adesso pare decisamente una priorità anche per il mercato.

In questo momento i punti di forza della squadra sono una difesa rocciosa (anche se piuttosto altalenante) e la presenza a rimbalzo eccezionale garantita oltre che dai centimetri di un roster mediamente molto alto dalla coesistenza di Pau Gasol e Andrew Bynum, che formano la coppia di lunghi potenzialmente più forte e completa della Lega ma che non ha convinto fino in fondo a livello di carattere, personalità e grinta, anche solo per concedere qualche partita di “riposo offensivo” a Kobe.

Sinceramente io credo che i Lakers debbano provare a muoversi sul mercato per migliorare la squadra partendo dal presupposto che “lo spagnolo resta”: al di là di tutte le critiche che gli si possono muovere è una delle più importanti ragioni per cui i Lakers e Kobe Bryant sono tornati a vincere dei titoli NBA e non c’è nessuno che sappia abbinare il suo gioco in post alla sua visione di gioco e capacità di passaggio.

In questo momento paradossalmente Los Angeles è una squadra più adatta ai playoff, nel senso che Kobe è un killer e lo sappiamo, ma Artest a.k.a World Peace  quando le partite inizieranno a contare potrebbe risvegliarsi, il condottiero Fish è uno che non trema e che sa giocare le partite importanti e la difesa, i centimetri e i rimbalzi nei Playoff ti fanno andare lontano. Sulla carta è comunque improbabile che possano andare più lontani di una semifinale di Conference.

Per concludere, uno sguardo alle prospettive di mercato. Il front office losangelino non sta convincendo molto per le scelte recenti, la gestione di Gasol e la confusione che pare regnare nell’ambiente di LA, città che quando si parla di Lakers conosce solo due stati d’animo: eccitazione ed esagerato ottimismo oppure catastrofismo e disperazione.

In questo momento il sentimento regnante è decisamente il secondo, nonostante un record più che dignitoso, e non hanno fatto bene da questo punto di vista i rifiuti di JR Smith e Kenyon Martin, rientranti dal campionato cinese, che hanno preferito a Kobe&Co New York e Los Angeles sponda Clippers.

Sono quindi molti i rumors che si susseguono e che aumentano a mano a mano che ci si avvicina alla trade deadline, e se alcuni di questi paiono onestamente improbabili (si vociferava addirittura di uno scambio a 3 che coinvolgesse Boston, LA e Golden State con Gasol ai Warriors, Rondo in gialloviola e Monta Ellis ai Celtics) altri sembrano decisamente più alla portata dei californiani, che come detto dovranno soprattutto cercare un play, una SF (magari con qualche punto nelle mani) e qualche elemento che possa allungare e dare qualità alla panchina.

I nomi più gettonati negli ultimi giorni sono stati quelli di Kyle Lowry (improbabile però che lasci i Rockets) e Ramon Sessions, chiuso dall’esplosione di Kyrie Irving ai Cavs e disponibile per una prima scelta e poco altro: non ha il tiro da 3 punti, arma che farebbe molto comodo, però è ordinato, un ottimo passatore e un discreto difensore: sia ben chiaro, non è eccezionale ma i PG disponibili sul mercato in questo momento sono davvero pochissimi.

Come elementi utili alla rotazione i nomi caldi sono quelli di Johnny Flynn e Goran Dragic, entrambi in concorrenza proprio a Houston con Lowry. E attenzione perché se non dovesse arrivare un play di buon livello la chiamata di Gilbert Arenas, che si allena con lo staff dei Lakers da qualche settimana sarebbe in pratica scontata.

Talento sconfinato, per carità, ma sinceramente non sembra la soluzione ai problemi della squadra: a Orlando l’anno scorso era il peggior tiratore dell’NBA che avesse almeno 15 minuti a partita, fisicamente è da rivedere e avere nello stesso spogliatoio lui e Artest vorrebbe dire rischiare ulteriormente gli equilibri di un gruppo caratterialmente molto molto complicato.

Parlando di ali piccole invece, le ultime indiscrezioni parlano di un forte interessamento su Micheal Beasley, considerato dallo staff di Minnesota non abbastanza maturato cestisticamente e sulla lista dei partenti. Non è ben chiaro quale possa essere la contropartita tecnica ma una scelta accompagnata da una somma in denaro potrebbe bastare, e il clima “vincente” dei Lakers oltre che avere in Kobe una guida carismatica potrebbe far bene a un ragazzo con grossi limiti di testa ma con dei mezzi tecnici e atletici indiscutibili.

L’alternativa rimane “sacrificare” veramente Pau Gasol per arrivare a un top player: difficilmente si concretizzerà l’affare Howard (su cui ci sono tantissime squadre e per il quale sarebbe controproducente rinunciare a Bynum oltre che a Pau), che pure rimane il sogno di molti tifosi gialloviola.

Più probabile che una volta piazzato lui, però, inizi il valzer delle trades che nella NBA non sai mai cosa possano riservare. Le voci più affascinanti, seppur fanta-cestistiche, spaziano da Deron Williams, Scola + Lowry, fino addirittura a un Carmelo Anthony definito “unsettled” nella Grande Mela: i Lakers avranno un front office un po’ in difficoltà, ma non dimentichiamoci che sono un sistema che ha la possibilità in un attimo di trasformare una buona squadra in una contender (vedi la trade per Gasol nel 2008) grazie alla storia della franchigia, il fascino della città che la ospita e la possibilità di giocare con il Mamba.

E la storia insegna che, in ogni caso, non è saggio scommettere contro il numero 24…

11 thoughts on “La stagione dei Lakers, tra catastrofismi e certezze

  1. articolo fantastico… io per quanto LA quest’anno non stia giocando alla grande, ritengo comunque che con un paio di mosse di mercato si possa davvero ritornare ad essere delle contender… la dead line comunque rappresenterà un momento importante, perchè ad ogni modo ridarà serenità alla squadra…

  2. Bell’articolo!
    Io però Gasol lo cederei per un semplice motivo: è indubbio che sia tra i migliori 4 (e anche 5) di questi anni ma quando ti vedi sfiduciato dalla dirigenza è dura giocare… Per lui oltretutto che è un elemento basilare…
    Lo metterei sul mercato e cercherei un 3 perimetrale ed un buon play! Credo inoltre che Barnes si debba dare una svegliata e far vedere come giocava ad Orlando…

  3. Io Anthony lo escluderei, se vogliono puntare su Mike Brown e su un sistema che crea dal passaggio allora Melo è il meno adatto fra i giocatori nominati. Secondo me i Lakers si sono persi la bella opportunità di affidare la squadra Rick Adelman, che è un genio e riesce a tirare fuori cose meravigliose con quello che ha disposizione e i Lakers da ricostruire secondo me necessitavano di uno così.
    Mike Brown è un ottimo allenatore ma, rebus sic stantibus, è nel posto sbagliato, soprattutto in una stagione figlia del lockout, perché gli serve tempo per insegnare i suoi schemi e questa metà stagione l’ha passata a sperimentare direttamente sul campo.
    A mio parere neppure l’arrivo di un big per Gasol (cosa molto, molto difficile entro l’anno) risolverebbe davvero la questione. La trade CP3 era l’unica perfetta ma…basketball reasons…

  4. secondo me è un artcolo fin troppo ottimistico….Mi spiego,credo che per arrivare a giocatori interessanti da inserire nel roster dovranno per forza sacrificare Gasol,non credo molto in regali da parte delle altre franchigie!Per quanto riguarda invece Arenas….beh,se credono di risolvere i propri problemi con Gilberto il pistolero son presi veramente male!
    Ad oggi ai Lakers manca: PG,SF ed almeno un paio di panchinari decenti….

  5. sono completamente d’accordo sul fatto che al momento lal sia più una squadra adatta ai playoff che alla regular season. tuttavia, anche con questa considerazione, se non vengono fatti dei cambiamenti non si va da nessuna parte. serve un play che sopperisca all’età del venerabile maestro e alla pochezza dimostrata da blake (giocatore che giudicavo un po’ più affidabile prima che arrivasse ai lakers), e uno come dragic secondo me sarebbe manna. speriamo che non ne arrivi uno tra beasley, arenas e carmelo…

  6. Sessions non ha tiro da 3?Diciamo che non aveva perchè in stagione sta tirando col 43%, non male direi.

    Quanto a Beasley senza sacrificare Bynum e Gasol sarebbe da prendere di corsa, testa di cazzo come pochi ma talento clamoroso, ha il contratto in scadenza quindi lo puoi valutare prima di rifirmarlo e in SF sarebbe comunque un upgrade notevole perchè ha punti nelle mani, è un atleta speventoso, tira col 40% dall’arco e potrebbe giocare qualche minuto anche da 4 perimetrale accoppiato a Bynum o Gasol per allargare il campo, poi i 100 punti magicamente non sarebbero più una chimera….

    Minnesota a quanto pare accetterebbe anche la sola eccezione da 9 mil, per me un quintetto Sessions-Kobe-Beasley-Gasol-Bynum schifo schifo non farebbe, non sarebbe da titolo ma in una conference dove a parte OKC non vedo altri squadroni per me potrebbe dire la sua.

    Se invece si resta così massimo secondo turno.

  7. Per me ribadisco, il titolo ora come ora non è a portata dei Lakers… Ma (un “ma” grosso come una casa) non siamo così lontani dal tornare ad essere una contender credibile… Negli ultimi 4 anni questa squadra ha perso 2 serie di PO su 14 contro Boston e Dallas (entrambe poi laureatesi campioni). Il mamba è uno dei primi 3-4 giocatori della lega, e a livello mentale l’indiscusso numero 1. Gasol e Bynum sono forse la front line migliore della lega. La base c’è.
    A quanto pare Rasheed Wallace ha firmato oggi con LA. Se poi si prendesse Session e Beasley (per una prima scelta e una eccezione al cap) LA potrebbe giocare in questo modo:

    Bynum-Gasol-Beasley-Bryant-Session
    e dalla panchina Wallace-Murphy-Blake-Metta-Barnes-Fisher e magari Arenas (o Iverson di cui si parla) con punti nelle mani.

    Considerando la che la fine del mercato riporterebbe serenità a Gasol e altri giocatori in discussione per me si tornerebbe di prepotenza ad essere una contender.

  8. Sheeed ai Lakers??
    non vedo l’ora finisca questa pagliacciata dell’All star e comincino gli scambi
    Il problema di LAL è e resta l’assenza di Odom, Wallace darebbe una dimensione diversa a qualsiasi squadra, ritengo LAL sempre e comunque una contender, con lui … di più
    Beasley per eccezioni salariali mi sembra improbabile, sarebbe un regalo, vale molto e i T’Wolvs non lo possono cedere senza fare un buon affare e portarsi a casa una SG di livello

  9. Come si suol dire … non sempre la ciambella viene con il buco …. la presa di possesso del management da parte di jimmy Buss ha sostanzialmente decretato la fine dei Lakers e Mitch ne è semplicemente il braccio dato che l’uso del suo buon senso forse non avrebbe portato a fare le scelte scriteriate che sono state fatte ………. il core del 2011 era ormai immerso nel triangolo e a parte Metta – l’unico vero giocatore che poteva essere scaricato – gli altri erano ancora nella condizione tecnica/età per vincere almeno per altri 2 anni che sarebbero stati utili x tirare su qualche giovane ……. se era comprensibile voler lasciare andare Phil, mantenere il sistema in mano ad un coach amato dai giocatori come Brian Shaw era la cosa più sensata da fare … ma aimèè come spesso si verifica i figli non sono come i padri e la spasmodica voglia di provare di essere capaci si risolve in un disastro. Come si può lasciar andar via uno come Lamar Odom – uno dei giocatori più versatili della lega – dopo che ha vinto il 6th man of the year? Se aveva le palle e voleva fare il ribaltone l’unico giocatore da cambiare era KOBE proprio le le sue influenze tecnico gestionali ….. invece hanno preso un allenatore standard che poi, senza poter fare troppi allenamenti, sta cercando di costruire una squadra lungo la via ma, come ci si poteva attendere, i giocatori hanno poca voglia di seguirlo …. alla fine la cosa più triste è che ad LA la cosa che si può imputare è la distruzione/cancellazione dell’ultimo modo di giocare di squadra che c’era nell’NBA, e che guardare oggi l’NBA non è più piacevole come un tempo e le persone si annoiano a guardare costantemente 1c1 con tutti via ….. basta guardare gli highlights e finisce li. Troppo business e poco amore per il gioco più bello del mondo …… non resta che guardare le partite del passato

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