Kevin Love, uno dei migliori giocatori secondo la Player Efficiency Rating

Il Player Efficiency Rating (PER) è un dato statistico ideato dal giornalista sportivo americano John Hollinger, curatore della rubrica ESPN Insider, apparso per la prima volta nel suo libro Pro Basketball Forecast pubblicato negli Stati Uniti nel 2005.

L’idea di Hollinger era quella di creare una valutazione statistica capace di condensare, in un unico numero, tutti i contributi, positivi e negativi, che un singolo giocatore apporta alla propria squadra, ponderandone poi il risultato sulla base dei minuti in campo effettivamente trascorsi dallo stesso e dalla velocità di gioco del team di appartenenza.

Ciò al fine di creare un valore “all-in-one” utile alla comparazione tra giocatori in campo per periodi di tempo diverso (si pensi ad uno starter e ad un panchinaro) e militanti in team con impostazioni di gioco profondamente differenti:

In quanto misura per minuto, permette di comparare, ad esempio, Steve Blake e Derek Fisher, benché vi sia disparità tra i minuti giocati

Ho bilanciato la valutazione di ciascun giocatore per il ritmo di gioco della sua squadra, così che giocatori facenti parte di squadre dal ritmo basso come Detroit non siano penalizzati dal fatto che il loro team ha meno possessi rispetto ad una squadra veloce come Golden State

La formula matematica, piuttosto complessa, addiziona le componenti positive del gioco quali canestri dal campo, tiri liberi, triple, assists, rimbalzi, stoppate e palle recuperate, attribuendo a ciascuna voce un peso specifico diverso (ad esempio un tiro da due è valorizzato 1,65 punti, un canestro dall’arco 2,65); al risultato, sottrae le voci negative, determinate in tiri sbagliati (che pesano 0,72 punti), palle perse e falli personali.

Ciò che ne deriva, come detto, è poi “aggiustato” in base ai minuti trascorsi sul campo dal giocatore e rispetto al ritmo medio della squadra, individuato in base ai possessi gestiti durante l’arco dei 48 minuti.

Il risultato è un valore, da leggersi per minuto, che sintetizza il valore e/o il peso specifico del giocatore analizzato.

Le critiche mosse a questa valutazione statistica fondano principalmente sulla constatazione che essa è sbilanciata verso i valori di produzione offensiva, senza riuscire a dare il giusto peso ai cosiddetti “intangible”, ossia alle tante piccole cose che un giocatore può fare utilmente in campo senza che le stesse siano rilevate in un tabellino.

Di tale limite è conscio lo stesso Hollinger, tanto da fare questa raccomandazione al lettore:

Si tenga a mente che il PER non è la valutazione definitiva, una per tutte, delle statistiche di un giocatore durante una stagione. Questo è specialmente vero per specialisti difensivi, come Quinton Ross e Jason Collins, che non collezionano tante stoppate o recuperi

Ancor più esemplificativo, sul punto, può essere il caso di Bruce Bowen, generalmente conosciuto durante la sua carriera come un vero e proprio mastino della difesa: il suo Player Efficiency Rating in 13 stagioni NBA è di soli 8,2, con una punta di 9,5 durante il suo quarto anno a San Antonio (stagione 2004/05). Si consideri, a mo’ di comparazione, che Ben Wallace, altro ottimo difensore, ha un PER in carriera quasi doppio, di 15,6, chiaramente influenzato dall’elevato numero di rimbalzi catturati e stoppate date negli anni migliori.

Posto questo limite, il dato statistico ha comunque una sua valenza.
Dice Hollinger:

Quello che il PER può fare è sommare tutte le produzioni statistiche di un giocatore in un singolo numero. Questo ci permette di unificare i vari dati che cerchiamo di memorizzare su un giocatore (esempio Corey Maggette: una macchina ai liberi, buon rimbalzista, tiratore decente, passatore scarso, ecc.), così da poter tener conto anche di ciò che si potrebbe perdere tra le statistiche

Hollinger ha stabilito un valore medio della Lega, invariabile e fisso di anno in anno, pari a 15.00 per ogni stagione.

Così facendo, ha consentito da un lato la comparazione tra giocatori di epoche diverse, con gran sollazzo degli statistici più accaniti. Dall’altro, ha permesso la creazione di una scala di riferimento, utile per capire come intendere il singolo valore:

Un anno per i secoli dei secoli                da 35,00   in su

Senza dubbio da MVP                               da 30,00   a    34,99

Da forte candidatura ad MVP                  da 27,50   a    29,99

Da debole candidatura ad MVP              da 25,00   a    27,49

Tranquillamente All Star                          da 22,50   a    24,99

Ai limiti di una chiamata all’ASG              da 20,00   a    22,49

Solida seconda opzione                           da 18,00   a    19,99

Terzo violino                                              da 16,50   a    17,99

Buon giocatore                                          da 15,00   a    16,49

In rotazione                                                da 13,00   a    14,99

Rubacchia minuti                                       da 11,00   a    12,99

Senza dubbio in vendita                           da 9,00      a    10,99

Prossima fermata: D-League                   da 0,00      a    8,99
Hollinger ha creato un proprio database a partire dalla stagione 1988/89. Ad ampliare il dato a tutte le epoche del gioco ci ha pensato il sito Basketball-Reference.com, specializzato in creazione di valori statistici più o meno elaborati (dal quale sito sono tratti i valori riportati in quest’articolo).

Si scopre dunque che nella Storia del gioco solo sette giocatori, in quindici occasioni, hanno scollinato quota 30,00. Tre di questi hanno superato quota 31,00. Nessuno è mai andato oltre il 31,84 registrato durante la stagione 1962/63 da Wilt Chamberlain:

–          Michael Jordan: per quattro stagioni oltre quota 31, con valori compresi tra il 31,71 della stagione 1987/88 (terzo valore più alto di sempre) e il 31,14 dell’anno successivo;

–          Wilt Chamberlain: tre volte oltre 31,00 durante le stagioni tra il 1961 e il 1964, registrando il primo, secondo e quinto miglior PER della Storia (31,84 record assoluto);

–          LeBron James: due volte oltre la fatidica soglia del 31,00. Durante la stagione 2008/09 ha chiuso con il quarto PER di sempre, 31,67. L’anno successivo con 31,10;

–          Shaquille O’Neal: tripletta oltre quota 30,00 tra il 1998 e il 2001, con valori compresi tra 30,23 e 30,65;

–          David Robinson: stagione 1993/94, quella del record di capocannoniere, chiusa con 30,66 di PER;

–          Tracy McGrady, stagione ai Magic del 2002/2003 (30,27);

–          Dwyane Wade durante la stagione 2008/09, chiusa con un PER pari a 30,36.

Come media carriera, guida la classifica del Player Efficency Rating medio più alto di sempre Michael Jordan con 27,91. Stando alla classificazione sopra riportata, quindi, una carriera all’insegna della candidatura fissa al titolo di MVP, e infatti ha vinto il riconoscimento in cinque occasioni.

Segue a ruota, si badi nella classifica All Time, LeBron James con 27,14, vincitore ad oggi di due MVP stagionali. Alle sue spalle Shaquille O’Neal che ha chiuso la sua carriera cestistica con 26,43.

Tra i giocatori in attività si segnalano Dwyane Wade con 25,68 (sesto), Chris Paul con 25,28 (ottavo di sempre, due stagioni oltre quota 28,00), Tim Duncan con 24,78 (nono, gli anni migliori tra il 2001 e il 2004 sempre oltre i 27), Dirk Nowitzki con 23,64 (quindicesimo), Kobe Bryant con 23,54 (diciottesimo, l’anno migliore il 2005/2006 con 27,97, 51esimo miglior PER di sempre) e infine Kevin Garnett con 23,37 (ventesimo).

I nostri italiani in America se la cavano bene:

– Andrea Bargnani ha una media in carriera di 14,6, con la stagione scorsa chiusa a 16,4 e l’attuale (prima dell’infortunio) con una media di 22,2… ed infatti era ai limiti di una chiamata per l’ASG.
– Danilo Gallinari ha un PER in carriera di 15,7 che lo “etichetta” quale buon giocatore. L’anno scorso ha viaggiato a 15,6 durante le 48 partite giocate con New York e a 15,9 nel finale di stagione con Denver. Prima dell’infortunio (anche lui) quest’anno viaggiava a 19,99, ai limiti anche lui di una chiamata per l’All Star Game.
– Marco Belinelli, da buon gregario quale deve essere considerato, ha un PER/carriera di 11,6, con una punta massima di 12,6 toccata durante l’anno di Toronto.
Per quanto riguarda, infine, la stagione in corso, le prime venti posizioni dicono tanto.

Forse, però, a ben guardare, non dicono nulla di più di ciò che sarebbe lecito aspettarsi:

LeBron James                MIA     32,51
Se la stagione si chiudesse oggi, sarebbe il PER medio più alto della Storia del gioco, battendo il record del 62/63 di The Stilt. Sarebbe l’unico caso di sempre oltre quota 32,00.

– Dwyane Wade               MIA     26,61
– Kevin Durant                 OKC     26,31
– Chris Paul                       LAC      25,88
– Kevin Love                     MIN     25,74
– Derrick Rose                  CHI       24,91

Jeremy Lin                    NYK     24,33
In sedici partite finora disputate viaggia con il settimo PER stagionale davanti a…

– Kobe Bryant                   LAL      24,19
– LaMarcus Aldridge       POR     24,09
– Dwight Howard             ORL     23,85
– Greg Monroe                DET      23,77
– Steve Nash                     PHO     23,52
– Ryan Anderson             ORL     23,27
– Paul Millsap                   UTA     23,23
– Lou Williams                  PHI       23,04
– Blake Griffin                   LAC      22,86
– Russell Westbrook       OKC     22,68
– Brandan Wright            DAL     22,48
Andrea Bargnani    TOR     22,23
– Al Jefferson                   UTA     22,18

12 thoughts on “Focus: il “Player Efficiency Rating”

  1. Brendan Wright è al dimostrazione che per quanto buona, la statistica ha i suoi immensi limiti…
    non me ne voglia il buon Brendan, ma se la stats avesse (almeno nel suo caso) un pò di credibilità, lui sarebbe certo uno da 30min a sera a mani basse…il fatto che dopo aver girato 3 team, ancora raccatta minuti, la dice lunga…

  2. Purtroppo, il PER in carriera di Wilt non comprende palle perse, recuperi e stoppate (non calcolate all’epoca); direi che, una volta tanto, Jordan sarebbe arrivato secondo…

    • No, non è corretto… i PER che ho riportato, o più in generale quelli del sito Sport Reference, tengono conto di tutti i dati, attraverso un calcolo statistico che potete trovare spiegato qui: http://www.basketball-reference.com/about/per.html

      Ovviamente può essere criticato per la sua attendibilità ma se loro stessi fanno un paio di esempi per testarne l’affidabilità.

      Per le stagioni così indietro rimane comunque una parziale finzione statistica.

      • Concordo sul fatto che il PER è utile soprattutto fra contemporanei… ma, se non erro, proprio la spiegazione su “bballreference” (per gli amici), ammette che recuperi, perse, stoppate restano escluse dal calcolo: “Zero out three-point field goals, turnovers, blocked shots, and steals” (cit.).

  3. una bella curiosità però, lascia il tempo che trova me li immagino ora i fan di lebron iniziare a dire dappertutto che il re ha 32 e quell’altro 24 e quindi è scarso

    • nn sarà scarso ma sicuramente lbj sta facendo una stagione superiore a quella di Kobe… e io tra i 2 preferisco tutta la vita il Black Mamba

      [se proprio devo scegliere chi arriva dietro a D-Wade]

  4. La sola idea che possa esistere un singolo dato statistico in grado di esprimere l’impatto di un giocatore è profondamente idiota.
    Le statistiche sono già di per loro un’approssimazione, sono già, nella loro interezza, decisamente incomplete.
    Un singolo indice comporterebbe un’ulteriore approssimazione, un’approssimazione dell’approssimazione insomma, ergo mostruosamente imprecisa.

    PER sucks

    • Son d’accordo con chi dice che nn aggiunge niente a quello che più o meno tutti vediamo xò, un profano della palla a spicchi, potrebbe cmq farsi un’idea di chi incide davvero sulle partite [nn limitandosi a guardare chi fa più punti]

  5. non aggiunge niente di nuovo a quello che tutti già sappiamo, ovvero che Michael Jordan è il più grande di sempre e che attualmente Lebron James è il candidato più attendibile per l’MVP

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