Nowitzki e James: 2 modi diversi di interpretare il ruolo di superstar NBA

I playoff 2011 hanno segnato una svolta generazionale per tutti coloro che hanno seguito l’NBA degli anni ’80, ’90 e 2000. Con un minimo di approssimazione, sono la prima manifestazione dell’affacciarsi nel terzo millennio di una nuova generazione di cestisti.

La vittoria dei Dallas Mavericks, tuttavia, ha segnato un punto a favore della vecchia scuola, del consolidato sistema di pallacanestro e di giocatori che hanno avuto i loro anni migliori, dal punto di vista del rendimento in regular season, negli anni ’90 e 2000: Dirk Nowizki, Jason Kidd, Peja Stojakovic, Shawn Marion e Jason Terry.

Lo stesso Rick Carlisle è l’esponente di una scuola che predica equilibrio tra difesa ed attacco, evita la sovraesposizione mediatica e le provocazioni e fa dei toni bassi il filo rosso che guida le sue azioni in pubblico. Altrettanto hanno sempre fatto sia il tedesco che Giasone, e l’unica eccezione del club è stato Terry, tra i giocatori, e  Cuban, il proprietario, ma con l’esclusione proprio di questa ultima annata, quella vincente.

Il gioco dei Mavericks affidava la sua fisicità solo ad alcuni pezzi del mosaico: Chandler, Stevenson, Marion (anche se molto meno esplosivo degli anni d’oro di Phoenix). Per il resto, la dote principale dei campioni NBA 2011 è stata la lettura del gioco e la scelta dell’azione migliore, un po’ la filosofia del “Do the right thing” di Larry Brown.

Per chi predica il basket vecchio stile, esiste in ogni situazione di gioco una sola cosa giusta fare ed è bravo chi la fa. Il primo vero contravventore a questa regola aurea è stato Michael Jordan: la sua esplosiva atleticità, la possibilità di cambiare idea mentre era in volo, anche per le sue mani enormi che tenevano agevolmente la palla sui polpastrelli, parevano poter scardinare l’aureo precetto.

Ma così non vinceva, o, per lo meno, non vinceva abbastanza da arrivare al titolo. Phil Jackson ebbe il merito di inserirlo in un sistema, la Triangle offense, inventato dal geniale Tex Winter, il cui merito era quello di non dipendere dall’estro di un geniale playmaker, con alcune parentesi di licenza dal sistema nei finali di partita, in cui volontà e nervi contano più della tattica.

Anche lui, quindi, si assoggettò al sistema, e vinse, vinse tanto. Lo stesso sistema imbrigliò un indisciplinato ed egocentrico talento cresciuto a Rieti con il mito di Michael Jordan, Kobe Bryant, portandolo negli anni a vincere 5 titoli e rendendolo, col tempo, capace di fulminee ed azzeccate letture del gioco, tanto da essere il più letale clutch shooter dei tempi d’oggi.

Altra scuola di sistema è nata e si è sviluppata sotto Gregg Popovich, come era stato per Larry Brown: nessuna licenza nei sistemi di gioco del Pop, a meno che… a meno che non ti chiami Ginobili e gli fai vincere tante di quelle gare da dover ammettere che, a volte, l’estro e l’imprevedibilità possono rendere una gara difficile una partita vinta.

Proprio quest’anno il coach di San Antonio ha dichiarato ai giornalisti che l’argentino fa cose che sui manuali non si trovano, ma ne sa più lui di partite vinte che il suo stesso allenatore… perciò, meglio lasciarlo fare…

In ogni caso, le passate finali del 2010 ci hanno presentato due solidi sistemi organizzati, sia in difesa che in attacco, nel più tradizionale dei modi, come i Lakers e i Celtics, che sostanzialmente si sono equiparati sino alla gara 7. E oggi?

Oggi abbiamo avuto due scuole a confronto.
Gli Heat erano dati per vincenti dai bookmakers sostanzialmente sulla base di un ragionamento che sarebbe andato bene per un videogioco: somma del talento più alta, uguale: titolo NBA. Come sappiamo, non è andata così.

I pezzi di questo mosaico hanno stentato ad incastrarsi sin da subito, la leadership fluttuava tra le due stelle più brillanti, il coach annaspava cercando di creare una difesa di sistema, ma non riuscendo assolutamente mai a creare un attacco organizzato. Vittorie sì, ma convincenti mai.

A tutto ciò si accompagnava una sovraesposizione mediatica da vero e proprio reality-show: da “the decision” all’auto elogio sulla marcatura di D-Rose, ai colpetti di tosse ironici sulla influenza di Nowitzki, ai balletti, alle esortazioni a “dominare”, ai pugni sugli addominali, alle nuvole di magnesio… ecc. ecc.

Su tutto, la prestanza fisica dei due big, la loro immarcabilità, l’onnipotenza in qualche gara, come quella finale nella serie contro i Celtics o contro i Bulls e poi via con i locali notturni, le serate, i rituali, le comparsate, gli spot ed una macchina propagandistica che ha reso queste finali le più viste di sempre, ma anche quelle di Davide contro Golia in cui gli antipatici ed i più forti hanno perso di fronte agli umili lavoratori, come avvenne nelle finali 2004 con la classe operaia della città dei motori, Detroit, e i pluridecorati e Hollywoodiani Lakers di Shaq, Malone, Kobe e Payton.

Il sistema, dunque, vince ancora sulle individualità bizzose ed egocentriche. L’umiltà dei giocatori ed il silenzio della proprietà premiano con fischi arbitrali più miti, l’allenatore che non polemizza si attira le simpatie della lega e, nei finali punto a punto, coloro che sotto i riflettori ci stanno sempre con boria e senso di protagonismo dimostrano di perdere “gli occhi della tigre”, come si diceva in un film di Rocky Balboa, o, se si vuole, la fame di titoli.

Inoltre, discorso a parte va fatto per l’anzianità dei giocatori. Spesso si critica l’eccessiva età dei giocatori per poter arrivare fino in fondo e ciò è sicuramente vero quando una squadra non abbia una panchina sufficientemente lunga, ma un grande coach come Dan Peterson ha sempre preferito gli anziani nei finali delle gare decisive.

Le loro spalle sono robuste e controllano meglio dei giovani lo stress, che è poi il nemico numero uno della performance. E’ poi fisiologicamente assodato che un eccesso di adrenalina, come quello che invade il giocatore giovane molto più di quello anziano ne fiacchi la resistenza molto di più e molto prima rispetto ad un veterano.

Insomma, l’esposizione mediatica dei talenti sin dai campionati giovanili riesce in qualche modo ad indebolirne la psiche, sottoponendoli ad una pressione eccessiva per la loro età, specie quando le aspettative su di loro sono altissime a causa della etichetta di “fenomeni” che viene loro attaccata addosso sin dalla adolescenza.

Convitato di pietra di queste argomentazioni è LeBron James, fenomeno atletico e di gioco senza precedenti che rischia di bruciarsi per eccesso di esposizione mediatica, contrapposto ad un giocatore come Nowitzki, che ha percorso faticosamente tutti i gradini di una pesante gavetta fino al titolo, avvicinandosi per efficacia di gioco, come ha detto il suo coach alla versione moderna di Larry Bird: visione di gioco, tiro immarcabile e mortifero e utilità in ogni parte del campo, dai rimbalzi e perfino a tratti in difesa, dalla costruzione del gioco alla leadership.

Non sono comunque solo James o Wade a rappresentare questo esempio di giocatori fisicamente esuberanti, iperatletici e grandi realizzatori, ma con pecche caratteriali.

Un altro esempio che calza a pennello in questo standard è stato rappresentato da Russel Westbrook, l’esuberanza fisica condita da un eccesso di tracotanza personale in persona, che ha precluso ai suoi Thunder la possibilità di sbarrare il cammino ai futuri campioni NBA.

Anche nel suo caso, un eccesso di individualismo ha nociuto alla squadra, facendolo sovraesporre in attacco e facendogli dimenticare il suo ruolo di costruttore di gioco, il tutto condito da una buona dose di ingenuità tecnica.

Infine vorrei citare Derrick Rose, giocatore straordinario che, a differenza degli altri ha saputo dimostrare umiltà ed è sicuramente esplosivo fisicamente. Anche lui è un esempio di questa nuova pallacanestro di fenomeni, ma anche lui ha sofferto la pressione, cedendo nei finali e caricandosi eccessivamente ogni responsabilità: un fardello che può sgretolare anche l’Ego più granitico ed ipertrofico.

Sono, in definitva, due scuole di pensiero cestistico, che fino ad oggi hanno decretato un vincente in chi dimostra sul campo e nel collettivo il proprio valore, ma forse hanno penalizzato troppo chi si è trovato molto dotato da madre natura, ma non ha saputo amministrarsi nei momenti più difficili, ma purtroppo decisivi.

7 thoughts on “I vecchi e i nuovi

  1. …per fortuna ci sono nuove leve “vecchio stampo”…Rose ha forzato tanto, ma era sostanzialmente solo in attacco…non ha fatto proclami ai quattro venti, anzi, si è preso tutte le colpe delle sconfitte…

    un’altro superatletico silenzioso è Durant, assai dotato da madre natura, mai sopra le righe a parole o gesti, insomma un veterano nei modi…

    …diciamo che la sovraesposizione mediatica a pensarci bene è un “male” più dei giocatori americani…l’europeo è visto ancora “di traverso”…forse l’unico con discrete aspettative sulle spalle è Rubio…

    • Concordo, infatti Durant è destinato (IMHO) a vincere più di Lebron, a patto che “metta a posto” Westbrook, giocatore fantastico ma che deve capire ed accettare il suo ruolo, senza concedersi ad individualismi che in un collettivo come quello dei Thunder (talentuoso ma molto giovane) rischia di essere particolarmente deleterio.

  2. Addirittura un articolo di Flavio Tranquillo sul Fatto Quotidiano…

  3. sto maledetto lockout!!! dopo sti playoff ci potevano essere veramente tutte le scuole … perchè lakers e Boston hanno ancora cartucce Miami sono al loro pieno di potenzialità e OKC e CHI sono piu esperti (Rose e Durant diventeranno non solo grandi realizzatori ma anche clutch player)

  4. Rose e Durant due fuoriclasse con la testa. Wade, James, Westbrook, Anthony, Stat… troppa televisione, troppi proclami, troppe stronzate.

    Se vedo Chris Paul mi alzo in piedi e appaludo, se vedo James penso sempre ad uno che se mandasse a cagare il 30% delle stronzate che fa e che gli fanno fare sarebbe dominante.

    Durant
    Ha una sfiga enorme ovvero un minchione come compagno di squadra. Aver visto Russel contro il mondo che faceva incazzare Durant è stato deprimente. Sono certo di tre cose:
    1- se al posto di Durant ci fosse stato un altro meno accomodante sarebbero volati insulti e quant’altro;
    2- se Westbrook capirà la lezione e abbasserà il suo ego da strapazzo rendendosi conto che il numero 1 è il 35 allora potrà fregiarsi di qualche anello;
    3- se non cambia il prossimo anno i Thunder lo cederanno senza ne se ne ma.

    Rose
    Altro fenomeno che non ha voluto tra i piedi James, il che la dice tutta. Ha peccato nei finali di gara contro gli Heat perchè spinto dall’incosistenza dei compagni. Se la dirigenza avrà modo di affiancarli un paio di buoni giocatori questo sarà il classico leader silenzioso che li potrà portare lontano. Mandare a cagare Boozer sarebbe perfetto.

    James\Wade
    Vorranno in tutti i modi rifarsi per cui sarà un piacere vedere cosa faranno dentro e fuori dal campo. Vedremo che lezione avranno imparato. Possono dominare o farsi sculacciare dai Mavs di turno ma per me il progetto dei tre non va. Devono liberarsi di Bosh e prendere un duo centro/ala per migliorare la squadra.
    Se poi quei due valutassero la necessità di avere un gioco meglio. Specie il numero 6. Se il “prescelto” evitasse di avere la palla in mano sempre e comunque otterrebbe dei benefici.

    Mavs
    Li vedo pronti per un altro tentativo serio.

  5. secondo me Westbrook non si deve solo rendere conto di essere il secondo violino…ma secondo me la cosa piu importante è che diventi un playmaker!!!! ….se non vede passaggi semplici se non gestisce le trasizioni da buon play se non sfrutta e non fa crescere i suoi compagni di squadra è molto piu distruttivo che costruttivo….sta tappando le ali a harden(ottimo potenziale) e non sfrutta l’atletismo di ibaka(fosse con paul sarebbe un blake griffin a furia di alley oop )…soluzioni?spostarlo a guardia tappa le ali a harden e maynor non è pronto…che metta la testa a posto la vedo dura…io tenterei uno scambio con paul che è in scadenza di contratto

    su rose e durant hanno dimostrato di non essere clutch player ma sono giovani e lo diventeranno e saranno superstar fantastiche

    sugli heat basta un allenatore che non sia lebbronizzato…e che sia capace di mettere i 2+1 in un sistema offensivo , alla phil jackson con kobe e mj(anche se sti 3 nomi sono MOLTO superiori a spoelstra wade e james)

  6. Se riuscessero a scambiare Wetbrook con Pual, sarebbe una gran cosa per i Thunder. Non che Westbrook da quello che ho visto, non sia capace di fare il play, é che non ci lavora su, sembra quasi che a un certo punto gli si chuda la vena e i compagni spariscano.

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