Un'immagine che riassume bene il finale di Gara2

E così anche i grandi favoriti per la vittoria finale, i Miami Heat, scoprono ad un tempo che le partite durano 48′ e non finiscono fino alla sirena, se si deve festeggiare meglio aspettare che sia davvero finita, e che i Mavericks oltre ad essere la migliore squadra dell’NBA in trasferta probabilmente sono anche la migliore squadra attuale nei minuti finali.

Quando a 7′ dalla fine Dwyane Wade ha realizzato il canestro da tre punti del +15 il decano dei commentatori del basket avrebbe probabilmente esclamato: “Mamma, butta la pasta, la partita è finita!”.

Dan Peterson sta soffrendo sulla storica panchina della Olimpia Armani Jeans Milano, quindi non conosciamo cosa ha detto in quel frangente e neanche se ha visto la partita, ma Dwyane Wade e Lebron James evidentemente erano di quel parere e si sono messi a festeggiare.

Jason Terry a fine partita ha detto: “Vedere i loro festeggiamenti ha fatto scattare la molla che ci ha permesso di far girare la partita.”

Se sia vero o no non sappiamo, ma i Mavericks con la bava alla bocca hanno aggredito gli Heat, i quali hanno realizzato in 7′ solamente due liberi con James ed un tiro da tre con Chalmers, mentre Terry, Kidd, Nowitzki, Marion martellavano il canestro avversario.

Al di la delle facili ironie sul comportamento delle tre stelle, che da sempre sono personaggi sopra le righe e tendono ad esagerare ogni comportamento, questa è una sconfitta dura per gli Heat. Da quando esiste il formato attuale, con due partite a casa della squadra con il record migliore, tre di fila a casa della squadra con il record peggiore e di nuovo a casa della prima per le ultime eventuali due partite, molto di rado la squadra con il record peggiore ha vinto.

Vincere tre partite di fila in casa infatti è una cosa che non molti sono riusciti a fare ed ad esempio il fatto di riuscirci permise proprio agli Heat di vincere il titolo nel 2006. I Mavericks in casa non sono una squadra infallibile e molto probabilmente non saranno in grado di vincere tutte e tre le partite, quindi da una vittoria in questa partita dipendevano molte delle speranze dei texani. Intendiamoci, gli Heat sono tutt’altro che sconfitti, anzi, restano probabilmente i favoriti per la vittoria finale, ma ora hanno un avversario che ha delle possibilità.

Nel domandarci cosa sia cambiato per gli Heat rispetto a gara 1 saltano immediatamente agli occhi tre dati, oltre all’incredibile rush finale dei texani.

In primo luogo gli Heat stavolta hanno tirato male i liberi, realizzandone solo il 67% . Nervosismo? Troppa sicurezza? Una semplice giornata storta? Lo sapremo nella prossima gara, ma un minimo di precisione avrebbe consentito ai talenti di south beach di portare a casa la gara nonostante la rimonta degli avversari.

In secondo luogo gli Heat hanno perso la lotta sotto i tabelloni. Nowitzki, Marion, Chandler e persino Kidd hanno giocato con attenzione e grinta catturando molti rimbalzi, 11 in più degli avversari. Questa applicazione ha permesso ai texani di ridurre quelle continue transizioni in cui atleti esplosivi come Wade e James risultano assolutamente immarcabili.

Infine la panchina degli Heat ha realizzato 11 punti, quella dei Mavericks 23. Che la panchina dei texani fosse più profonda e solida si sapeva e sarebbe ingiusto gettare la croce sui poveri Miller, Haslem e Chalmers, che non sono nemmeno andati così male, ma la differenza è stata piuttosto importante.

La difesa di squadra, l’aspetto che ha permesso agli Heat di vincere agevolmente le precedenti serie, non è venuta meno, dopo qualche problema iniziale i Mavericks erano stati costretti a punteggi bassi e faticavano a trovare tiri semplici. Qualcosa però Spoelstra dovrà aggiustare anche li, perchè la sua squadra non può permettersi di prendere 22 punti in poco più di 6 minuti nel finale. Wade e compagni sono andati completamente nel pallone nel finale in entrambe le metà del campo.

Abbiamo visto come i Mavericks abbiano questa grande capacità, grazie alla loro mano morbida ed alla loro visione di gioco che gli permette di irretire qualsiasi difesa ed una capacità di aggredire l’avversario, seppur per pochi minuti, che consente loro di prevalere quasi sempre nei minuti finali.

Se però è comprensibile che non trovino contromisure dei ragazzotti alle prime esperienze ad alto livello come i Thunder, questo non può accadere a gente di esperienza come Lebron James e Dwyane Wade, i quali devono assolutamente trovare le chiavi per aggirare gli avversari. I

 

n realtà la chiave principale sarebbe semplice, e potrebbe essere trovata proprio in quella prima conferenza stampa, quando le tre stelle annunciarono “stiamo portando i nostri talenti a South Beach!”.

Lebron James dichiarava infatti al mondo intero che da solo non sarebbe riuscito a vincere, la vittoria per lui veniva prima dell’orgoglio personale, e per vincere c’era bisogno di una squadra forte, non del supporting cast di una stella, per quanto fulgida. C’è bisogno di una squadra per vincere, nel momento cruciale la squadra va aiutata e bisogna cercarne l’aiuto, Lebron non deve far altro che essere coerente con i suoi intendimenti.

I Mavericks hanno già usato contro i Thunder la tattica di ingolosire il portatore di palla avversario, nella circostanza Westbrook, lasciandogli fare anche 40 punti ma spingendolo ad agire da solo, con frequenti isolamenti ed iniziative isolate, anziché cercare di giocare con la squadra, cosa che alla lunga ha inceppato l’attacco dei ragazzotti terribili di Oklahoma City.

Adesso James e Wade non devono assolutamente cadere nella stessa trappola, devono cercare di giocare assieme, magari con quel sistema scarno e ridotto all’osso cui ci hanno abituato in regoular season, magari con una lunga serie di giochi a due, ma devono assolutamente cercare di cercare di più l’aiuto dei compagni.

Fino a che gli Heat riescono a giocare insieme ed a restare nella partita come squadra, che non sarà il massimo dell’armonia e dell’affiatamento ma in cui per lo meno i giocatori si cercano, cercano l’aiuto dell’altro e sono pronti a fornire il proprio, si è visto che riescono ad essere un poco superiori agli avversari, quando invece le tre stelle si crogiolano nel proprio atletismo e nel proprio talento lasciando che la concentrazione cali e cercano di risolvere il tutto da soli ecco che arrivano i parziali di 20 a 2.

I Mavericks sono fenomenali nel trovare questi punti deboli e sfruttarli, agli Heat il compito di non mostrare il fianco agli avversari e, soprattutto, non pensare di aver vinto lasciando cadere la concentrazione quando la partita non è finita.

“Non stavamo celebrando, non credevamo di aver già vinto, semplicemente eravamo eccitati perchè lui aveva scoccato un gran bel tiro ed eravamo sopra di 15 punti!” – Diciamo che a volte abbiamo visto gente arrampicarsi sugli specchi con più convinzione di Lebron James, che aveva la faccia del marito beccato in situazioni imbarazzanti che si copre col lenzuolo ed esclama “Cara, non è come può sembrare!”.

“Nell’ultimo quarto quando le cose vanno male, proseguono peggio!” – Giusto, caro Erik Spoelstra, verissimo, ma tu sei quello che dovrebbe riuscire a cambiare l’inerzia dei momenti difficili, non puoi uscirtene con dichiarazioni simili, degne più del libro di Murphy che di un allenatore che dovrebbe condurre un gruppo di campioni alla vittoria.

Guarda tu se quello più concentrato e col piglio del condottiero deve essere Chris Bosh, che dichiara: “Ci dispiace, ma non siamo scioccati. La realtà è questa e dobbiamo accettarla. Pensiamo piuttosto a come vincere la prossima!”

Dirk Nowitzki lo sta facendo di sicuro, se le tre stelle degli Heat vogliono vincere il primo dei “non un anello, non due, non tre…” con quel che ne segue sarà bene che lo imitino.

4 thoughts on “Gli Heat e la rimonta subita

  1. La finale del 2006 si giocava ancora 2-2-1-1-1, gli Heat infatti hanno vinto il titolo a Dallas.

  2. purtroppo è vero..i festeggiamenti degli heat sul più 15 erano da evitare..speriamo servano di lezione

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