Shane Battier ha salutato i Rockets dopo quattro anni di onorato servizio.

Anche quest’anno la trade deadline ha portato movimenti all’interno del roster di Houston, lasciando un pizzico di amaro in bocca per tutti quanti avevano piacere di rivedere i Rockets giocare presto ad alti livelli.

Vero, si è arrivati a questa situazione soprattutto per sfortuna, perché la squadra era stata costruita come meglio non si poteva, avrebbe dovuto vincere in base a quanto in possesso in termini di talento, ma sono mancati soprattutto carattere e salute fisica, due elementi che hanno completamente distrutto i sacrifici fatti dalla dirigenza per mettere le mani sul tandem che avrebbe dovuto sparare i razzi in orbita.

Tracy McGrady non è mai stato il leader che si pensava potesse diventare a livello mentale, mentre Yao Ming è stata una prima scelta assoluta minata dagli infortuni, ieri pronto per far eseguire il salto di qualità, oggi buono solamente per essere scambiato visto l’appetibile stipendio scaricabile, ma nulla più.

I nuovi Rockets nascono dalle ceneri di questi due grandi campioni, e davanti sembra esserci un lungo periodo di attesa pazienza, durante il quale le capacità manageriali dell’abile Daryl Morey saranno nuovamente messe alla prova, Nell’ultimo anno, uno dei più abili GM della Nba ha preso tutto quello che si poteva prendere attraverso movimenti che hanno allontanato i Rockets dalla zona playoffs, ma che intendono costruire un futuro vincente a lungo termine, anche non si sa quando il tutto potrà veramente partire.

Chi si attendeva un big in cambio di McGrady non ha avuto ciò che desiderava, in quanto era necessario essere consapevoli che da una superstar già, suo malgrado, nella fase discendente di carriera e con enormi punti interrogativi sulla tenuta fisica non si poteva certo ricavare un Kobe Bryant, e chi sognava Carmelo Anthony per il semplice motivo che lo stesso era stato improbabilmente stato accostato a Houston nei rumors, si è dovuto arrendere all’evidenza.

I Rockets non sono attrattivi, non lo erano nemmeno prima, non avrebbero avuto l’opportunità di far vincere nessuno nel breve periodo, e molte altre squadre erano attrezzate meglio di loro per far tornare il sorriso alle superstar capricciose. La delegazione che avevano mandato a corteggiare Chris Bosh in estate durante le prime ore della free agency non erano servite a nulla, perché l’ala forte ex Raptors aveva già sostanzialmente deciso di giungere alla corte di Wade assieme a James.

La testimonianza della rinuncia a rincorrere dei playoffs oramai scappati da tempo è emersa proprio nelle ultime ore, quando Morey ha deciso che era giunta l’ora di privarsi di due pedine fondamentali delle recenti edizioni della squadra, due giocatori che avevano dato un fortissimo contributo in quella che era stata la prima serie di playoffs vinta dalla franchigia da tempo immemore, Shane Battier ed Aaron Brooks, due personaggi popolari dalle parti di Houston.

Un anno fa, esattamente di questi tempi, Morey aveva fatto arrivare Kevin Martin, un grande realizzatore ma non una superstar di prima fascia, nella trade che aveva spedito T-Mac a New York ed arricchendo il tutto con giovani futuribili come Jordan Hill. Nelle ultimissime ore del mercato 2011 il general manager ha agito allo stesso modo, con le stesse intenzioni, quelle di dare una forte assicurazione sul futuro a lungo termine della squadra, chiedendo pazienza ai tifosi, rifondando il tutto daccapo senza mai aver toccato le altezze che ci si prefiggeva di raggiungere, come da tempo si temeva potesse accadere una volta compreso che sleepy eyes ed il cinese non avrebbero portato la squadra a nessuna vittoria prestigiosa.

Shane Battier ha fatto ritorno a Memphis, presso la stessa franchigia che l’aveva scelto al primo giro nel Draft 2001, ha salutato un pubblico che lo ricorderà sempre con tanto affetto, soprattutto per il grande impegno che ogni sera ha messo in campo. Battier è stato l’uomo che usava appiccicarsi alla più grande star offensiva della squadra avversaria limitandola con l’uso della sua grande difesa, è stato l’uomo delle triple nelle partite calde, e l’uomo che ha sempre fatto da collante allo spogliatoio, una persona dotata di un’intelligenza fuori dal comune e di un altruismo che spesso ha reso migliore chiunque avesse la fortuna di averlo vicino.

Aaron Brooks è invece stato il piccolo grande condottiero, un giocatore cresciuto esponenzialmente in seguito al suo semi-ignorato approdo professionistico al secondo giro del Draft 2007, che ha sfidato le leggi della fisica mettendo la sua grandissima velocità a fare da compensazione alla sua evidente inferiorità fisica nei confronti di quasi tutti i pari ruolo che ogni sera ha dovuto affrontare, e che ha fornito un forte contributo nella stoica serie di tre stagioni fa contro i Los Angeles Lakers, portati a gara 7 delle semifinali della Western Conference da un gruppo di giocatori privi di una qualsiasi superstar, e condotta dai suoi micidiali contropiedi. La sua rapidità farà senza dubbio comodo al sistema di gioco di Phoenix, dove sostituirà quanto prima Steve Nash.

Si volta pagina, e si riparte da un roster ringiovanito, tutto volto al futuro. Morey ha ottenuto in cambio due progetti che potrebbero rivelarsi interessanti, Goran Dragic e Hasheem Thabeet.

Dragic era stato coltivato dai Suns con un occhio all’età di Nash, e nonostante molti esperti avessero fatto notare delle similitudini nelle caratteristiche due, a Phoenix non avevano notato i progressi sufficienti per credere nel progetto. Il ragazzo sloveno è tuttavia dotato di ottimi fondamentali, ha un carattere tosto, voglia di vincere e sa trattare il pallone come si deve, e a Houston potrebbe trovare lo spazio che gli serve partendo da backup di Kyle Lowry, la cui promozione a titolare ha scritto la parola fine circa la permanenza a Houston di Brooks.

Thabeet vorrebbe evitare di diventare uno dei più grandi bust di sempre in termini di Draft, vista la sua seconda scelta assoluta con cui Memphis lo aveva portato a casa nel 2009. Da tempo i Rockets avevano disperato bisogno di centimetri in area, perché il discorso è ridondante e lo si ripete tutti gli anni, Luis Scola e Chuck Hayes hanno un cuore grande come tutto il Texas e forse di più, ma non possono sempre compensare la loro assenza di centimetri con l’energia ed il sacrificio.

Thabeet, nativo della Tanzania ed africano di origini proprio come un signore che ha dominato il pitturato con la maglia dei Rockets qualche tempo fa, era un giocatore dominante al college, ed è stato preso con l’intenzione di ricavarne quell’elemento che tanto manca a questo roster, ovvero un centro in grado di prendere maree di rimbalzi, muovere i gomiti in aria, e segnare con facilità da sotto. Il fatto di essere un 7’3 è un notevole miglioramento rispetto alla scarsa statura dei centri attuali, ma Thabeet dovrà sottoporsi ad una lunghissima serie di allenamenti e dimostrare di desiderare con tutto se stesso di voler migliorare togliendosi di dosso l’aria sbruffona che portava con sé a UConn. Il fallimento presso i Grizzlies è stato totale, e la squadra ha deciso che non aveva il tempo di svilupparlo a dovere. Se Houston lo mettesse nelle mani di San Hakeem per dargli una lezione o due in estate, potrebbero uscirne delle belle.

Morey ha parlato di baby steps, piccoli passi verso il traguardo di un titolo Nba, ma è chiaro che solo il tempo sarà dare il suo responso su quanto costruito con questi due importanti movimenti. Molto dipenderà da come verranno utilizzate le molteplici prime scelte acquisite recentemente, dalle quali si spera arrivi il salvatore della patria che oggi sicuramente non c’è a roster. Oppure potrebbe essere il caso di imbastire ulteriori scambi con i pochi pezzi di pregio rimasti, e vedere che si riesce a ricavare.

L’organizzazione ha sempre dato piena fiducia a Morey, e lo stesso è conosciuto come una persona che sa quello che fa.

Mai come oggi, le chiavi del futuro dei Rockets sono state in mano sua.

2 thoughts on “Houston Rockets, la politica dei piccoli passi

  1. Che dire, noi Rockets di vecchia data quanto dovremo soffrire ancora? Vada per Dragic, futuribile ed effettivamente non male, ma per Thabeet ci vorrebbe proprio un miracolo per non perderlo completamente. Io finora ho visto perdere anno dopo anno i pezzi migliori del roster per cambi sempre un po’ inferiori, e puntualmente partiti anch’essi.
    Mi sa che rimane solo da sperare in pesche bibliche al draft

  2. Mi sembra Penelope e la sua tela, non è possibile ricostruire ogni febbraio ed essere punto e a capo a giugno.
    Come sono lontani gli anni ’90

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