Blake Griffin, al momento un no-brainer per il titolo di Rookie dell'anno

L’NBA è fatta di storie. E’ parte integrante della sua bellezza.
Fino a pochi mesi fa il nome “Griffin”, sia qui che oltreoceano, rievocava in linea di massima la famosa famiglia animata in Simpsons-style made by FOX. Beh, ultimamente le cose sono decisamente cambiate.

Griffin, nome di battesimo Blake, ragazzone di OK city, è un predestinato. Dominante negli anni dell’High school e del college, aveva deluso (non) esordendo nella massima serie in stile Greg Oden: 0 gare nell’anno della famosa prima scelta.

Con una pressione sulle spalle di un migliaio di atmosfere si presenta nel suo vero anno da rookie allo staples in casacca Clips con un “decente” 20+14.

24 ore dopo, sull’altra costa nella assolata Orlando, i tifosi Wizards accolgono la tanto attesa first pick 2010 John Wall, che li ricambia con un più silenzioso 14+9.

Andiamo oltre questo dualismo e dopo circa un terzo di regular season analizziamo il rendimento degli esordienti nella massima lega.

Blake Griffin

Inevitabile piazzarlo in cima alla “classifica” di rendimento e per il “rookie-non-rookie” appellativi e giudizi già si sprecano.
L’idea è che un messia sia davvero arrivato a risollevare le sorti degli sconsolati tifosi della Los Angeles “povera”.

C’è infatti la sensazione è di avere a che fare con uno dei lunghi più dominanti degli ultimi anni.
Numeri alla mano il 20+12 di media (18 dd nelle prime 25 gare) è “sick”, come direbbero oltreoceano. E lo è anche il 50% con cui viaggia dal campo.

A LA stanno già ringraziando l’altissimo, perchè oltre alla spaventosa atleticità, i margini di miglioramento sono evidenti.
In un “non sistema” come quello dei Clips sta emergendo sia dal punto di vista tecnico che tattico, non peccando di personalità (eccessiva forse in alcuni casi, come il fact con Andre Miller) ma mostrando evidenti limiti in fase difensiva e in materia di jumper dalla media.

Landry Fields

Alzi la mano chi avrebbe scommesso un penny su questo ragazzo.
Calfiornia-boy se ce n’è uno, già additato come ennesima scelta pazza/balorda dei Knicks.

La Summer league racconta però una storia diversa e si comincia a notare qualcosa di buono.
Nella regular season ha un posto fisso in quintetto e non fa rimpiangere a coach Mike questa scelta azzardata. La fiducia concessa si trasforma ben presto in discrete prestazioni, condite da buone percentuali.

Il 21+17 nella sconfitta all’overtime con Denver di Novembre è il punto più alto della sua appena nata carriera NBA..
Necessario lavorare sulla continuità, anche se è indubbiamente difficile mantenere un rendimento costante nel run&gun dantoniano..

John Wall

L’ex talento di Kentucky sembra essere un leader silenzioso, alla Derrick Rose per intenderci.
In questo avvio di stagione ha mostrato principalmente 2 facce: nelle prime gare prestazioni convincenti e numeri importanti, poi l’infortunio al ginocchio (che sembra continuare a non dargli tregua) e prestazioni altalenanti.

Se c’è qualche dubbio sul “Player of the Year 2010” ora come ora è unicamente dal punto di vista fisico, ed è sostanzialmente ciò che gli ha impedito di esprimersi con continuità (soprattutto nell’ultimo mese). Nonostante tutto, quasi 17 punti e 9 assist a gara.

Evan Turner

Se c’è una squadra che può ritenersi al momento delusa dalla propria scelta, sono i Sixers.
Turner, a lungo in ballottagio per la first con lo stesso Wall, sebbene inserito in un contesto non facilissimo come quello di Phila non sta affatto convincendo.

Il giocatore completo ammirato a Ohio state sembra aver accusato più del previsto l’impatto con l’NBA: il talento offensivo fa fatica ad emergere e la presenza di Iguodala (alla sua peggior stagione degli ultimi anni) non può essere un’attenuante.
Inevitabile concedergli un po’ di tempo per l’adattamento..

Derrick Favors

Per valutare l’inizio di stagione dobbiamo prima farci una domanda: cosa ci si aspetta da lui?
In un draft qualitativamente non entusiasmante i Nets hanno puntato su questa rocciosa Power Forward da affiancare possibilmente a Lopez in un contesto di quasi totale ricostruzione.

A condizionare per il momento la stagione del rookie cresciuto a Georgia tech c’è sostanzialmente l’inattesa “esplosione” di Kris Humphries (efficiente lungo cresciuto a Toronto), nonostante ciò Derrick sembra recentemente aver trovato la propria dimensione portando un contributo concreto (difensivamente parlando) off the bench.
Molto da lavorare comunque sulla fase offensiva..

Wesley Johnson

Nella squadra più simpatica e divertente dell’NBA (no, tranquilli non parlo di gioco. Fatevi un giro su youtube per saperne di più..) la scelta numero 4 sta ancora cercando la propria dimensione. Nonostante il posto fisso in quintetto Wesley non sta sicuramente facendo parlare di sé per le prestazioni.

Giocatore versatile, ma poco incline a prendersi qualche responsabilità in campo, dà l’impressione di essere troppo “leggero” (sia fisicamente che mentalmente). Nella ricostruzione attuata a Minnie avrà sicuramente la possibilità di crescere in tranquillità, magari lavorando massicciamente sulla fase realizzativa..

DeMarcus Cousins

Consacrato nei Wildcats (insieme allo stesso Wall) il talento classe ’90 vive sostanzialmente la stessa situazione di Favors.
Nei Kings di Thompson, Landry e del sempreverde Dalembert, DeMarcus sta però trovando spazio e numeri di ottimo spessore.

L’impressione, nonostante la squadra e Evans non decollino, è che stia velocemente evolvendo. Ad aiutare c’è una lucidità ed una mentalità da veterano che si vedono raramente in un rookie. I numeri e le percentuali non sono entusiasmanti, ma l’apporto dato alla squadra è comunque concreto anche dal punto di vista tattico.

Sorprese, delusioni e “Waiting 4”

Oltre al già citato Fields, che si candida prepotentemente a steal of the draft 2010, ci sono altri rookie passati sottotraccia e che stanno invece dando notevoli segni di vita.

I Clippers sembrano aver pescato bene quest’anno, a partire da Aminu (SF molto mobile ma leggermente in calo dopo un buon avvio) e soprattutto Bledsoe (da valutare se col ritorno del Barone i numeri e le prestazioni saranno altrettanto soddisfacenti).

Recentemente hanno conquistato spazio e minuti anche due interessanti PF: Ed Davis a Toronto e Greg Monroe a Detroit (che ha conquistato il quintetto ai danni di Maxiell nelle ultime gare). Occhio anche a Pooh Jeter, energica point guard d’annata (che qualcuno probabilmente avrà visto in qualche campo FIBA) che sta sfruttando il momentaccio di Evans per dare vivacità al quintetto con la sua dinamicità.

Asik e Erden, rispettivamente a Chicago e Boston, sfruttando le numerose ed illustri lungodegenze, hanno avuto discreto spazio senza però convincere..

Stesso discorso per Xavier Henry, più volte nel giovane quintetto dei Grizzlies senza fortuna, e Paul George, che aveva
illuso ad Indiana con qualche buona prestazione.

Gary Neal e in particolare Thiago Splitter stanno lentamente entrando nel sistema di Popovich e danno l’impressione di poter risultare molto utili a breve termine per la post-season.

Grande attesa invece per Gordon Hayward, su cui ci furono molte polemiche per l’alta scelta dedicatagli (9°) che nei Jazz sta faticando e non poco ad adattarsi al gioco di Sloan.

Per la serie “Dov’è Wally?” (candidati a chi l’ha visto, o giù di li…), di Udoh (scelto alla 6 dai Warriors), Aldrich (11 da OK), Patterson (14 da Houston), giusto per citarne ironicamente alcuni, si sono francamente perse le tracce..

One thought on “Rookie Report: nel segno di Griffin

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