Paul Pierce e Kevin Durant: esperienza contro gioventù

Dopo un’estate di mercato, polemiche, scandali, dichiarazioni e soprattutto chiacchiere siamo finalmente giunti alla prima palla a due della stagione, e come una pubblicità della stessa NBA ci ricorda sarà una grande stagione visto che le carte in tavola per qualcosa di grosso ci sono tutte.

Fermiamoci allora a dare un’occhiata ad alcune realtà della NBA di quest’anno cercando di analizzare quali sono le squadre che puntano tutto sui veterani e quelle che invece si affidano all’imprevedibilità dei giovani.
Senza pronostici, ma con un’analisi dello stato attuale.

Non so quanti di voi se lo aspettino ma la squadra nella lega con l’età media più elevata (quasi 30 anni) sono i Miami Heat, probabilmente il team più chiacchierato dell’estate.

Direi che la storia del progetto della franchigia sia stato ripetuto all’inverosimile ovunque, così come il modo in cui quei tre furbacchioni di Wade, James e Bosh si siano messi d’accordo per provare a vincere insieme.

Giustamente sembra qualcosa di sensazionale, fortissimo, destinato a durare. Allontaniamo però il naso oltre ai nostri tre e diamo un’occhiata al roster.

Juwan Howard, Zydrunas Ilgauskas, Jerry Stackhouse, Eddie House. Sono tutti ottimi rincalzi ma a breve, brevissimo termine.

Niente fa pensare che quest’anno a Miami giocheranno per qualcosa di diverso dall’anello. Riley ha assemblato una squadra per vincere subito, ma come ha promesso LeBron non si accontenteranno di uno, due, tre… sei titoli.

Insomma: gli Heat sono decisi a puntare in alto e a restarci a lungo ma per farlo non stupiamoci se in tempi brevi il roster verrà quasi totalmente rivoluzionato. Del resto una squadra che presenta solo 6 giocatori sotto i 30 anni deve ben presto avere un ricambio generazionale.

Sembra strano parlare degli Heat appena assemblati in questi termini, ma è una cosa della quale in Florida sono senz’altro preparati visto che ad avere l’età molto elevata non è il nucleo centrale della squadra ma più che altro i filler.

Tutt’altra musica invece ad Oklahoma City dove i Thunder si godono uno dei roster più giovani della lega con solo 5 giocatori sopra i 25 anni! Niente male per la squadra che, a detta di molti, ha dato maggiori rogne ad Ovest ai Lakers campioni.

Aggiungiamo a questo un Durant che si è mantenuto ai livelli stellari dell’anno passato anche con il team USA, un Westbrook che aspetta solo la definitiva consacrazione tra le grandi PG della lega, il sempre puntuale lavoro di Sam Presti in cabina di regia che ha portato Cole Aldrich alla corte del Coach Brooks e il cocktail perfetto è servito.

Realisticamente i Thunder quest’anno proveranno a raggiungere le finali ad Ovest vista la loro curva di crescita e il bagaglio di esperienza Playoff immagazzinato l’anno scorso. A differenza di Miami però i Thunder hanno tutto il tempo del mondo per vincere quindi non avranno sulle spalle l’obbligo di farlo subito.

Il destino di Denver pare imperscrutabile: il nucleo è composto di giocatori over 30 di esperienza e di sicuro impatto più qualche giocatore all’apice della propria carriera.

L’età media è la seconda nell’intera lega e negli ultimi anni i Nuggets hanno dimostrato di poter arrivare lontano ad Ovest e di essere una mina vagante che può creare grattacapi a chiunque.

Ovviamente tutto ciò viene garantito solo se Melo resterà in Colorado, se invece come si mormora raggiungerà la grande mela la stagione dei Nuggets potrebbe naufragare attorno a Mr. Big Shot costretto a predicare nel deserto.

Nessuno invece resterà sorpreso nel sapere che la squadra più giovane è quella dei TWolves. Khan ha continuato imperterrito nella sua mania di stravolgere e rifondare ogni anno aggiungendo altro talento grezzo.

Stavolta è stato il turno di Beasley, per il quale magari si poteva sperare in un contesto un pò più stabile del Minnesota. I Timberwolves sono ormai ad un niente dall’essere chiamati definitivamente un gulag cestistico e c’è urgente bisogno di trovare gerarchie ed equilibrio.

Nel roster, per dirla tutta, manca anche una chioccia per i tanti giovanissimi che avrebbero oltremodo bisogno di avere un assaggio di partite in clima playoff.

A Sacramento invece una linearità di progetto c’è e si vede, trovata la pietra miliare in Tyreke Evans si costruisce attorno a lui una squadra giovane che, in pochi anni, se la giocherà nella division con i Lakers.

DeMarcus Cousins è il pezzo pregiato arrivato dal draft e si aggiunge ai tanti giovani di una squadra che parte senza nessun obbligo di risultati quest’anno ma col solo obiettivo di fare meglio. Le battaglie dei Playoff sono per i Kings probabilmente dietro l’angolo.

E’ difficilissimo fare un’analisi precisa dei Grizzlies senza cadere un pò nei pronostici. L’anno scorso hanno mancato la post season per un soffio in un ovest tutt’altro che facile. Dal draft sono arrivati Grevis Vasquez e Xavier Henry per colmare la più grande mancanza dell’anno scorso: i punti dal pino.

Firmato Rudy Gay a cifre astronomiche (occhio che a dire Albatros ci si mette poco) e sperando in un apporto di gran lunga maggiore da parte di Mike Conley Jr. che finora è stato solo presentabile i Grizzlies sperano di raggiungere i Playoff per la prima volta da quando hanno scambiato quell’Iberico che ha fatto le fortune dei giallo-viola.

Per chiudere parliamo di tre team: San Antonio, Boston e Dallas, in questo ordine crescente per età media. Per queste tre squadre c’è una situazione di analogie e opposti con Miami.

Tutte e tre hanno un nucleo forte e ben strutturato, una panchina profonda ed esperienza ai vertici. Tutte e tre però hanno proprio nel nucleo la parte vecchia del roster (a differenza  degli Heat).

Nessuna di queste tre giocherà per qualcosa di meno del titolo: Boston ha dalla sua i favori del pronostico, Dallas ha aggiunto un Tyson Chandler che si spera porti un pò di consistenza nel ruolo di Centro per fare quel salto di qualità ai Playoff e San Antonio spera sempre nell’ennesimo colpo di classe del caraibico con i suoi fidati scudieri, Toni e Manu.

Si gioca per vincere oggi, ma a breve tutte queste tre squadre dovranno giocoforza stravolgere il team.

Senza aggiungere troppe chiacchiere rimane solo da sedersi in poltrona e godersi questa stagione, nella speranza che sia “A big Nba season”.

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