Pericolo scampato coach, le camicie proprio non ti donano...

State programmando di trasferirvi negli States? Cercate clima mite, divertimenti e basket NBA di alto livello? Sì, ok, c’è Los Angeles, ma da quest’anno solo la Florida può offrire due solide contenders.

E proprio la crescente rivalità con gli Heat dei magnifici tre (facciamo due e mezzo, via…) potrebbe motivare ulteriormente i Magic e fornire la spinta decisiva verso il tanto desiderato anello in una stagione NBA che si preannuncia incerta, con la transizione tra i dominatori di ieri (Lakers, Celtics) e quelli di domani (Miami? Oklahoma City?) e le possibili ripercussioni sul campo delle trattative per il rinnovo del Collective Bargaining Agreement.

Conference: Eastern Conference

Division: Southeast Division

Arrivi: Quentin Richardson, Chris Duhon, Malik  Allen

Partenze: Matt Barnes, Anthony Jonhnson, Adonal Foyle

Rookie: Daniel Orton (Draft Pick #29)

Probabile quintetto base

Playmaker: Jameer Nelson

Guardia: Vince Carter

Ala piccola: Quentin Richardson

Ala grande: Rashard Lewis

Centro: Dwight Howard

ROSTER

Guardie: Vince Carter, Chris Duhon, Jameer Nelson, JJ Redick, Jason Williams

Ali: Malik Allen, Ryan Andesron, Brandon Bass, Rashard Lewis, Mickael Pietrus, Quentin Richardson,

Centri: Marcin Gortat, Dwight Howard, Daniel Orton

Head coach: Stan Van Gundy

ANALISI

Non sarà una stagione facile per la franchigia di Topolino.

Nella precedente la tranquillità e gli stimoli derivanti dall’essere squadra in crescita prima e underdog nella corsa al titolo poi hanno lasciato spazio alla pressione e alle aspettative, anche interne, di chi reclamava la concretizzazione del buon lavoro svolto e delle spese sostenute. E sappiamo tutti come è andata.

Quest’anno i Magic sulla carta partono leggermente più indietro rispetto ai rivali, ma l’attenzione dei media e dei tifosi è tutta per i cugini di Miami e per quanto a Orlando l’ambiente sia fermamente convinto delle proprie possibilità questo significa meno pressione, meno riflettori puntati addosso e la riscoperta di quella sensazione di essere ignorati che ha indubbiamente giovato alla squadra nel passato recente.

Un’ulteriore stagione da 59 vittorie e l’approdo alle finali della Eastern Conference comunque non rappresentano neppure l’obiettivo minimo; il rischio di rimanere a bocca asciutta e risultare etichettati come grande incompiuta sono purtroppo concreti, ma altrettanto concreta è la prospettiva come detto in apertura di approfittare di una situazione abbastanza aperta, con alcune rivali in possibile calo per motivi anagrafici (Lakers, Celtics) e altre non abbastanza esperte (Thunder) o collaudate (Heat) nonostante l’impressionante concentrazione di talento a disposizione.

La base di partenza è più che buona: top 5 nelle classifiche di rendimento offensivo e difensivo, profondità in tutti i ruoli, un giocatore in grado di condizionare l’attacco avversario, un ottimo allenatore, buona chimica. Dopo due serie degli ultimi Playoffs i Magic erano addirittura stati indicati da parte dei media statunitensi come i favoriti per il titolo, con un Carter sottotono, ma un Nelson devastante.

Confermata la buona tenuta difensiva, il problema principale è risultato essere l’attacco, che di fronte agli schemi dei Celtics della coppia Rivers-Thibodeau ha palesato evidenti difetti: ostinazione a servire Howard in posizione statica spalle a canestro e conseguente amplificazione dei suoi limiti tecnici, scarso rendimento e affiatamento con i compagni di Carter, trasformazione in fantasma di Lewis, si dice debilitato da un’influenza (no, che non fosse Jordan s’era capito…), ma sicuramente incapace di rispettare la sua fama di giocatore dal sangue freddo messa in mostra esattamente un anno prima nella serie contro i Cavs.

Chiusa mestamente la stagione, l’attenzione si è focalizzata appunto sulla soluzione di queste problematiche. Per Dwight Howard estate di relativo riposo, incentrata su sempre apprezzabili ed apprezzate iniziative a sfondo sociale ed umanitario; la rinuncia ai Mondiali è stata sfruttata anche per affinare l’arsenale di movimenti offensivi e se il lavoro svolto durante le due settimane in compagnia di un mostro sacro come Hakeem Olajuwon (a margine: potete vedere sotto i filmati tratti da quegli allenamenti; The Dream sembra un giocatore sul viale del tramonto o al peggio appena ritirato, la coordinazione e la pulizia dei gesti sono rimaste intatte e a livello atletico è ancora assolutamente presentabile… se non fosse che ha 47 –QUARANTASETTE- anni!!!) pare aver dato i frutti sperati soprattutto a livello mentale con particolare accento sulla convinzione nei propri mezzi, è innegabile che restino dubbi sull’ulteriore upside e sulla devozione al Gioco del lungo di Atlanta, certamente non animato da quel fuoco e quella necessità viscerale di primeggiare proprie dei Grandi.

Il che probabilmente rappresenta Il Problema: affinché il sistema di coach Van Gundy risulti efficace c’è bisogno che Dwight veda i compagni quando raddoppiato, ma soprattutto faccia la differenza nell’uno contro uno; non a caso le sconfitte in postseason sono arrivate contro squadre in grado di bloccare il gioco perimetrale dei Magic senza andare sotto nel pitturato, chiedere a Perkins/Wallace o a Gasol/Odom per informazioni.

Senza un Howard sempre incisivo contro la single coverage è difficile immaginare una parata celebrativa a Orlando a metà giugno… ma questo discorso potrebbe non riguardare l’eventuale e già attesissima serie contro gli Heat, che non sembrano avere a roster un lungo adatto al compito. Da più parti Howard viene indicato come il singolo giocatore che maggiormente potrebbe complicare le cose a Miami e il precedente delle Finali dell’Est del 2008, contro i Cavs non all’altezza degli Heat di quest’anno, ma con la stessa carenza strutturale sotto canestro, è senza dubbio incoraggiante… insomma, limite sì, ma dipende dall’accoppiamento.

Passando a Lewis, la sensazione –confortata anche dalle statistiche, in netto calo nell’ultima stagione- è che senza le spaziature garantite dalla presenza in campo di Hedo Turkoglu Rashard fatichi a produrre con l’abituale efficacia.

Quanto visto nella già citata serie contro i Celtics si spiega anche come accennato con una condizione fisica non ottimale, ma evidentemente era necessario cercare nuove soluzioni per riportare Lewis ad un rendimento più conforme alle sue potenzialità; le risposte si chiamano Quentin Richardson e Brandon Bass.

L’esterno ex-Miami sostituirà Matt Barnes, giocatore che sembrava tagliato dal sarto per aggiungere durezza mentale e flessibilità difensiva ai Magic, ma che nonostante le buone prestazioni offerte non è stato in grado di fare la differenza ed al contrario ha contribuito ad inceppare il sistema offensivo della squadra: il californiano è uno slasher con buone doti da passatore, ma la scarsa abilità nel tiro dalla distanza ha spesso concesso agli avversari di “battezzarlo” e concentrarsi maggiormente sui raddoppi in area e sul contenimento delle altre bocche da fuoco della squadra, al punto che raramente Van Gundy gli ha dato fiducia nei finali punto a punto e che la dirigenza non ha neppure iniziato le trattative per trattenerlo in Florida alla scadenza del contratto.

Si diceva di Richardson: nel complesso è probabilmente inferiore al neo-Laker, ma sulla carta rappresenta un fit offensivo migliore, dato che la specialità della casa è l’ottima mano dalla distanza (40% in maglia Heat), ideale per aprire il campo al gioco in post di Howard, ai pick n’ roll orchestrati da Nelson e Carter e soprattutto a Lewis.

Semmai sorgono questioni sulla difesa perimetrale, con il solo Pietrus vero e proprio specialista; Richardson nella propria metà campo è certamente competente, ma con Nelson, Carter e Lewis come compagni potrebbe non bastare, con lavoro supplementare ed eventuali problemi di falli per Howard (attenzione anche ai tecnici, con il nuovo metro arbitrale) a spaventare non poco.

Oltre alle soluzioni per aprire spazi per il tiro dalla distanza lo staff tecnico sta studiando anche l’eventualità di sfruttare maggiormente l’abilità di Rashard nel midrange game e riportarlo alla più congeniale posizione di ala piccola, grazie all’impiego come accennato di Brandon Bass, uno dei più positivi in primavera.

Ala forte classica, ottimo rimbalzista nonostante l’altezza limitata, ma compensata da grande forza fisica, Bass è un buonissimo giocatore in uno contro uno, sia in attacco che in difesa; a limitarne l’utilizzo per gran parte della scorsa stagione è stata proprio la sua… tipicità.

La necessità primaria consisteva nell’integrazione di Carter e nell’affinazione di alcuni meccanismi e nonostante le innumerevoli possibilità –si parlava di un Van Gundy con il joystick- si è scelto di insistere sulla via del “4+1” privilegiando l’impiego di un tiratore come Ryan Anderson come ala grande dalla panchina, salvo poi constatare che se i tiri, per quanto di buona qualità, non entrano c’è bisogno di altro, cioè di un giocatore in grado di creare in isolamento fronte o spalle a canestro, di concludere al ferro o in allontanamento senza paura del contatto, di caricare di falli il diretto avversario e convertire in punti (83% dalla lunetta in carriera) il lavoro svolta, il tutto senza andare sotto quando a dover segnare sono gli altri.

L’innesto di Brandon ha richiesto mesi, nuovi schemi e adattamenti da parte dei compagni, ma sembra che –finalmente- i  tempi siano maturi per un suo impiego costante, con la possibilità per Lewis di tornare ad evoluire per una decina di minuti a partita nell’amato ruolo di ala piccola per sfruttare le capacità proprie e di Bass nel midrange game, dimensione che ai Magic spesso è mancata.

A risentire di una strutturazione simile sarebbe anche in questo caso la difesa perimetrale; ecco il motivo dell’altro innesto estivo, Chris Duhon.

Reduce da una stagione difficile a New York, l’ex Chicago Bulls si giocherà, probabilmente con successo, il ruolo di backup di Nelson con Jason Williams; White Chocolate resta superiore in quanto a tecnica ed esperienza, essendo tra l’altro l’unico giocatore a roster ad aver vinto un anello, ma per fornire il giusto equilibrio alla second unit, mettere pressione sulla palla ed offrire garanzie in caso –toccata generale- di infortuni al titolare era difficile trovare sul mercato una soluzione migliore.

Sempre a proposito di difesa, sarà imprescindibile il contributo di Mickael Pietrus; come detto Air France è il miglior esterno nel fondamentale e per farlo sentire parte importante del progetto e motivarlo ulteriormente Van Gundy durante l’estate ha trascorso una settimana a Parigi ospite del giocatore, a contatto con la sua città e i suoi affetti , ricordandogli che in cambio della massima applicazione nella metà campo amica è anche disposto a concedergli qualche soluzione offensiva fuori dagli schemi.

Proseguendo nell’analisi della panchina tocca ai lunghi, la cui rotazione sarà completata da Marcin Gortat e Ryan Anderson.

Passato da sorpresa assoluta a costosa riserva il Polacco non ha ripetuto l’eccellente stagione 2008/09, ma ha saputo comunque confermarsi su buoni livelli; in caso di problemi di falli per Howard il coaching staff sa di poter contare sulle sue capacità tattiche e di intimidazione, mentre la possibilità di impiego insieme a Dwight pare per il momento essere stata accantonata, non avendo dato i frutti sperati.

Quanto ad Anderson, la società ha esercitato l’opzione per prolungargli il contratto fino al 2012 mostrando di credere molto nel lungo Californiano, che alla ben nota mano dalla distanza e alla buona propensione a rimbalzo, soprattutto offensivo, sta cercando di abbinare progressi fisici e difensivi e già al Training Camp si è presentato con qualche chilo di muscoli extra.

Il suo ruolo dovrebbe limitarsi al far rifiatare Lewis nella struttura a quattro esterni, ma se i miglioramenti dovessero risultare evidenti non è escluso possa ritagliarsi ulteriore spazio.

Panchina, bianco dalla mano discretamente morbida, rimanendo nella categoria c’è JJ Redick. Manifesto di etica lavorativa, solo tre stagioni fa era un oggetto misterioso con pochissimo mercato; la mentalità vincente e un infinito desiderio di emergere gli hanno permesso di scalare le gerarchie fino a diventare il sesto uomo della squadra e la sua esplosione è ai limiti dell’incredibile: in uscita da Duke era “solo” un grande tiratore dall’elevata intelligenza cestistica, mentre oggi è una guardia completa, trasformata soprattutto nel fisico.

Ha aggiunto parecchia massa muscolare nella parte alta del corpo riuscendo contemporaneamente a guadagnare in brillantezza degli arti inferiori, in campo è in perenne movimento, lotta su ogni pallone, utilizza perfettamente i blocchi sia in attacco che in difesa, il tutto senza perdere nulla a livello di lucidità e sensibilità dei polpastrelli.

Per trattenerlo (era Restricted Free Agent) i Magic hanno allargato i cordoni della borsa, pareggiando un offerta dei Chicago Bulls di 20 milioni in tre anni, ma sembrano soldi ben spesi considerando il fatto che Redick non sembra certo giocatore tale da accomodarsi una volta firmato un contratto remunerativo e che il futuro del titolare del ruolo è abbastanza in bilico, dato che lo spot di Shooting Guard è al momento senza dubbio il più traballante, con JJ e Pietrus a far da paggetti a Vince Carter.

Le cifre richieste quindici mesi da da Turkoglu erano –e ancor più si sono rivelate, con il senno di poi- assolutamente improponibili e la scelta di lasciarlo andare è stata obbligata e così di conseguenza quella di tuffarsi su Vinsanity, ma è innegabile che qualcosa non abbia funzionato: senza la fluidità garantita da spaziature ottimali (vedi sopra, anche a causa della presenza di Barnes) ci si è dovuti affidare alle individualità, ma nella serie contro Boston con Lewis assente giustificato solo in parte e Howard imbrigliato a centro area sarebbe stato compito di Vince prendere per mano la squadra, come suggerito a inizio stagione da SVG “I don’t want him stepping on the court thinking about fitting in. He can fit in, in the locker room. We didn’t bring him here to be a guy who is just moving the ball. We want him attacking. I want the guy who has been so good all these years. I want all his greatness.

Ma un Carter impalpabile quando non dannoso è stato addirittura panchinato per far posto a Redick, con tutto il peso dell’attacco sulle spalle di Nelson, che è un grande realizzatore, un fantastico capitano con cuore e carattere da vendere, ma non il giocatore in grado di vincere partite del genere da solo né playmaker capace di elevare in maniera sensibile il rendimento dei compagni se non supportato da schemi efficaci.

Insomma, se il cugino di T-Mac in primavera non rende secondo le aspettative i Magic se ne fanno ben poco, dato che in pratica fino ad aprile giocheranno una sorta di preseason di 82 partite, che è una specialità nella quale i Magic hanno pochi rivali…

Scherzi a parte, se Carter dovesse risultare meglio inserito negli schemi offensivi a Orlando sarebbero ben contenti di concedergli un’ulteriore chance, non certo come condottiero, ma come ingranaggio importante di un sistema equilibrato, flessibile e funzionale; in caso contrario i 19 milioni di dollari in scadenza, uniti a svariati assets (Gortat e Bass su tutti, che con il possibile – finalmente- arrivo di Vasquez tra 12 mesi e la scelta di Orton, che trascorrerà la sua prima stagione NBA  in cantiere “alla Bynum” per crescere dal punto vista fisico, tecnico e mentale, sono merce appetibile e spendibile) sarebbero messi sul mercato alla ricerca di una star in grado di portare i Magic al definitivo salto di qualità.

I segnali provenienti dalle amichevoli vere e proprie sembrano incoraggianti e come detto da SVG la differenza spesso è data dalla profondità del team, la cui second unit formata da solidi giocatori NBA si è spesso trovata in campo contro gente che andava incontro al taglio, ma i membri del roster stanno rispondendo al meglio, sia se si gioca “small” (Redick guardia, Lewis PF), sia se si gioca “big” (Lewis e Bass coppia di ali).

Come anticipato la Regular Season ancor più del solito servirà ad affinare meccanismi e rotazioni in vista dei Playoffs, ma soprattutto determinanti potrebbero essere i record e quindi gli accoppiamenti; sarà per i soprannomi di Howard e Nate Robinson, sarà per  il colore delle maglie, ma i Boston Celtics, pur se con Perkins fuori tutto l’inverno e Thibodeau accasato a Chicago, sembrano essere la vera criptonite per questi Magic, per la citata capacità di marcare Howard in 1vs1, oltrettutto accresciuta con l’ingaggio dei due O’Neal.

Al contrario -sempre sulla carta e sempre parlando con sei mesi d’anticipo, il che è abbastanza rischioso- per i motivi già espressi trovarsi sulla strada dei Miami Heat potrebbe essere altrettanto difficile, ma senza un avversario “in your head” le possibilità di successo sono senza dubbio maggiori, con motivazioni extra date dalla vicinanza geografica delle due città e, perché no, dai rapporti Riley-Van Gundy.

In ogni caso, occhi aperti (ma non troppo, che da underdogs rendono meglio) sui Magic.

8 thoughts on “Orlando Magic: Preview

  1. Reputo i Magic molto pericolosi. Squadra completa, profonda in ogni reparto e con una stella. Credo che la lezione dello scorso anno gli sarà utile. Lasciar partire Barnes sia stato corretto come l’arrivo di Q Rich. In pratica la squadra si è rinforzata con Duhon che danni non ne farà, anzi. I punti interrogativi sono tre a mio avviso: i miglioramenti nell’1v1 di Howard, il rendimento di Carter e la ritrovata forza offensiva di Lewis. Howard deve diventare immarcabile nell’1v1 per spingere gli avversari a raddoppiarlo. Se accadesse ci sarebbero parterie per i compagni, Lewis su tutti, per punire il raddoppio. Carter deve diventare il gotoguy in alcune fasi quando c’è da andare in lunetta o battere il proprio marcatore. Le doti ci sono ma va capito se a livello di testa regge una serie. Il punto è li. In singola gara ci stà ma è nelle 4/5 gare chiavi dei PO che deve emergere. Il capitolo Lewis è noto: se ha spazio dall’arco è mortifero, mentre se deve creare tiri ad alta percentuale mettendo palla a terra diventa complicato. Inoltre la possibilità di scambiarlo sono nulle visto il contratto. Alla fine tutto passa da Howard: se diventa illegale difenderlo in single coverage gli altri ne trarranno benefici, Lewis su tutti, in caso contrario si deve sperare che i Carter, i Nelson facciano miracoli, poco probabile. Non credo infine che la scelta di affrontare Celtic piuttosto che gli Heat conti. Tanto salvo sconquassi, anche se evitassero la criptnonite verde in finale ritroverebbero i Lakers che a front-line non scherzano.

  2. squadra che a mio avviso e rimasta ferma.
    probabilmente due anni fa era più forte,sicuramente più equilibrata,con il turco che sembrava il giocatore perfetto per esaltare ancora di più questo “strano” sistema di gioco.
    sicuramente oggi si trova davanti squadre sempre più forti.
    hanno il lungo più forte della lega,cosa non da poco,però onestamente li vedo molto inferiori alle tre grandi.
    ad esempio penso che i bulls siano sullo stesso livello di questi magic.
    devono prendere cp3,altrimenti il titolo e affare impossibile per loro…

  3. Orlando non la vedo una contender, per lo meno ha le qualità per arrivare lontano nei plyoff, ma non oltre la finale di conference.
    La dipartita di barnes li ha indeboliti parecchio sul fronte difensivo.
    A mio avviso la finale sarà nuovamente lakers celtics.
    Gli heat grande reparto di esterni, ma a lunghi è nettamente inferiore ai lakers e celtics

  4. concordo su quasi tutto, avrei investito un nichelino su tmac come 3. tracy è entrato in nba come specialista difensivo, in attacco non è poi così scarso..
    carter è uno splendido solista, inadatto al gioco di van gundy. spero di sbagliare, ma tra lacuna al 3, play che non migliora i compagni nei momenti clou, 2 che va per gli affari suoi e 5 che non migliora tecnicamente i magic non sono molto vicini al titolo

  5. Articolo molto completo, che mi trova perfettamente d’accordo su tutto..
    Per i miei magic questo è l’anno del tutto e per tutto, non può piu’ aspettare oltre, troppi giocatori sulla soglia dei 30 anni o piu’, con un tetto salariale tra i piu’ alti della lega, e con squadre che si stanno attrezzando come corazzate -ogni riferimento agli heat è puramente non casuale- quest’anno o la va o la spacca, o vince o rimarrà l’eterna seconda come nell’anno con the diesel. Sono convinto delle potenzialità della squadra, e checchè se ne dica ad est a mio parere è l’unica, insieme ai celtic -sempre piu’ vecchi pero’- a poter rovinare il sogno di james, ma ormai il periodo aureo sta per finire, e a parte un altro -bel- stendardo di conference non c’è ancora nessun anello..

    faccio infine una parentesi su bass: la colpa dell’anno scorso è da imputare -non del tutto, ma ci tornerò dopo – a van gundy, non averlo utilizzato in RS è stato molto frustante sia per il giocatore che per gli schemi -visto che praticamente nessuno sapeva come giocare con lui in campo insieme a DH o Gortat, a parte con i soliti pick and roll-
    lui doveva essere l’arma in piu’ dei magic l’anno scorso, con caratteristiche che avrebbero sicuramente dato piu’ profondita’ -e punti li’ sotto- ad orlando, non limitandosi al solito howard o al subentrante gortat.
    prima ho detto “non del tutto” perchè van gundy, a inizio stagione, insieme all’ala forte ex dallas si è ritrovato tra le mani un barnes, ma sopratutto un ryan anderson inaspettati. Dico così perchè anderson ha stupito un po’ tutti -me compreso- mostrando una duttilità tattica e una mano quasi degna di lewis. Con questo disponibile perciò ha preferito puntare su giocatori molto simili, non snaturando l’attacco dei magic, togliendo in rotazione il povero bass, salvo poi tirarlo fuori dalla naftalina neii PO quando le cose -e sopratutto i chili li’ sotto canestro- lo richiedevano, cosa che ovviamente poco ha giovato alla squadra.
    Son dell’idea che bass possa diventare la chiave di volta della stagione, ne ero convinto l’anno scorso e ne sono convinto quest’anno, anzi, non sarebbe male che ad aprile un occhio al mercato lo si potrebbe dare, specialmente per un’ala forte a lui simile (in cambio di una PG non usata + scelte o prospetti, toccando ferro su eventuali infortuni), per farlo rifiatare in caso di superlavoro, e per rendere il roster ancora piu’ profondo.
    comunque Speremo ben x quest’anno dai, io sono ottimista!
    GO MAGIC!!

  6. Punterei di più su Mickael Pietrus.
    I più accreditati alla 1° piazza ad Est. Dopo non saprei.

  7. Squadra molto forte e completa, ma destinata a finire la stagione a mani pressoché vuote. Arriveranno a 55 w, ma si fermeranno in finale di conference. Comunque, suggerisco a tutti di stare molto attenti ai Bucks…

  8. il gioco 4 fuori e il sellerone dentro paga fino ad un certo punto (a meglio paga fino ad un certo punto con questo roster). Quindi necessiterebbero di fare qualcosa:

    Andiamo con ordine:
    Squadra profondissima.. anche troppo: 3 play come Nelson + Duhon e Williams sono un lusso evitabile, Carter + Redick, Pietrus con Richardson, Rashard + Bass (che spreco) e Anderson, Howard e Gortat.

    Sono tanti e sono buoni, pero’ io vado d’accordo con l’adagio che i playoff si giocano in 8, quindi..
    Tranne Howard (comunque sempre all ABC a livello offensive) non c’e’ un fuoriclasse assoluto. Nelson sempre ad un passo dall essere decisive, Carter in parabola discendente e comunque inaffidabile quando la palla scotta, Rashard Lewis gentilmente sponsorizzato dal pastificio Mosciarelli.
    Ripeto sono tanti e sono buoni, ma il talent e’ troppo diluito.

    Ci vuole un crack offensive che possa rompere la monotonia del “diamo la palla li’ in mezzo e appostiamoci fuori”..
    Se vuoi un play impacchetti Nelson e qualche lungo in eccedenza (Bass e Gortat) e uno buono buono (se in vendita) te lo prendi.
    Se vuoi una guardia il contratto dell ex Air Canada in scadenza potrebbe essere appetibile

    Paul la soluzione piu’ logica. Agent 0?? A me piacerebbe vederlo ad Orlando, anche piu’ di Paul.

    Ripeto sono buoni sono ottimi, ma (come Atlanta, + di Atlanta) sono a quell passo da diventare una seria contender (specialmente nel panorama Eastern Conf di quest’anno)

    PRONOSTICO: 58 W e semifinali Conf (Boston o Miami gli fa lo scalpo)

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