Dopo due gare difficili, la debacle di detriti a St.Petersburg e la gara di New Orleans azzoppata dalle condizioni climatiche impossibili, cos’altro poteva chiede di più la IndyCar Series dal Grand Prix of Long Beach? La gara di domenica ha confermato come la categoria, nonostante una situazione economica non facilissima, riesca comunque a presentare un “prodotto” che indubbiamente è al momento il top dell’automobilismo a ruote scoperte, da un punto di vista sportivo, spettacolare e qualitativo. L’unica nota dolente forse è arrivata purtroppo da un italiano, Francesco Dracone, lentissimo e preoccupato solo di non essere d’intralcio durante i doppiaggi, e sinceramente inadeguato a questo livello di competitività. Per il resto, gli altri piloti hanno dimostrato di saper usare anche la testa. Dopo il carnaio di contatti delle prime due gare, sembra che i piloti hanno capito che non potevano continuare a sbattere queste auto l’una contro l’altra.

Il weekend di Long Beach è stato la perfetta cartolina di presentazione della IndyCar. Un tempo perfetto, con sole e temperature ideale durante i tre giorni, una grande affluenza di pubblico (quasi 200mila spettatori in tre giorni), un’azione in pista non spezzettata dalle numerose caution che avevano distrutto la gara della settimana scorsa a New Orleans. Long Beach è una pista strana, difficile da pronosticare, ci sono stati anni che ha provocato “carneficine” (come lo scorso anno) e volte che provoca gare più lineari. Quella di quest’ anno forse non è stata la più spettacolare delle gare possibili, magari chi non conosce bene la categoria, i neofiti, non saranno saltati dalle poltrone. Però è stata una gara per i fan più fedeli. Il che non è una cosa negativa, perché se è vero che oggi come oggi è sempre più importante attrarre nuovi fan, è anche importante trattenere quelli vecchi, ed ogni tanto è anche giusto dare qualche soddisfazione ai “fedelissimi”. E per gli intenditori quella di domenica è stata una gara divertente, è stata una gara come dovrebbe essere: alcune fasi di lotta, alcune fasi di studio, alcune fasi in cui qualcuno è più veloce ed altre in cui è più veloce qualcun altro, azioni ai box, belle lotte in pista (che non significa essenzialmente superarsi, ma battagliare per davvero, con frenate all’ultimo mento e controlli al limite, come nel caso del confronto negli ultimi dieci giri per l’ultimo posto sul podio tra Montoya, Pagenaud, Kanaan e Bourdais.

La gara è stata un bello spettacolo per i tifosi presenti sulle tribune e per quelli davanti alla tv. Lo scenario di Long Beach, con la pista che per larghi tratti costeggia le spiagge e l’oceano, è quanto di meglio si possa chiedere per una gara cittadina, ed i tifosi del Sud della California che tradizionalmente non hanno mai fatto mancare il loro appoggio alla gara non hanno fatto eccezione neanche domenica scorsa. Ed è stato un bene che i piloti abbiano dimostrato di essere capaci di mettere in scena una gara dura ma pulita, priva dei numerosi contatti di St.Petersburg e degli errori di New Orleans. Insomma, una dimostrazione ideale, una garanzia di spettacolo per quella che è giustamente considerata la “500 Miglia di Indianapolis delle gare cittadine”.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.