Per descrivere Bonilla basterebbe una parola sola: Potenza!!

Era caratterizzato da una stazza impressionante (190 cm per 95 Kg) che non gli impedì di primeggiare nella MLB ottenendo molti riconoscimenti sia personali che di squadra. Ottimo il suo palmares che vanta sei apparizioni da All Star, tre Silver Slugger Awards durante il soggiorno ai Pirates e un incredibile ed inaspettato trionfo alle World Series con la maglia dei Marlins.

Ha debuttato in Major come un Big Man, venendo nella sua epoca acclamato come hitter dalla forza bruta più che come giocatore di finezza, al pari di Frank Thomas e Bo Jackson, ex giocatori di Football che alletteranno i sostenitori dei White Sox con la loro ferocia.

Nacque nel South Bronx il 23 Febbraio 1963 da una famiglia portoricana in un’area senza grandi aspettative – famosa per furti e omicidi – e la seconda più popolata dai suoi conterranei dietro solo a San Juan.

I suoi genitori instilleranno valori come fatica e sudore nel piccolo Bobby. Il papà proverà ad insegnargli il suo lavoro con scarsi risultati vista la predisposizione del piccolo a quasi tutti gli sport che praticherà per 18 ore al giorno nella sua infanzia: “nel South o hai dei sogni o ti ritrovi nel caos” dichiarerà al Los Angeles Times rivelando come il baseball lo salvò dalla droga e dalla dannazione.

Oltre ai suoi familiari Bonilla ricorderà sempre Joe Levine, il suo insegnante di high-school, come sostegno in quei difficili periodi e come rampa di lancio per la sua futura carriera in Major. E’ grazie al suo aiuto economico infatti che Bobby, già impegnato nelle serie minori portoricane con l’appoggio del manager Mako Oliveras, potrà partecipare con l’All Star Team liceale ad una trasferta in Scandinavia e mettersi in mostra davanti ad un grande scout del baseball come Syd Thrift, guadagnandosi così un provino ai Pirates.

Qui poco più che ventenne avrà la sua occasione che vedrà sfumare per un brutto infortunio ma che porterà successivamente all’incontro con un’altra superstar: mandato in Carolina League divenne grande amico di Barry Bonds, futuro dominatore della sua epoca!!

In Classe A – e ancora a roster con Pittsburgh – le sue solide performance convinceranno i Chicago White Sox a draftarlo a Dicembre con la “regola 5” dopo averne appurato la completa guarigione e per solo 50.000$. Le spalle larghe dovute all’infanzia da strada daranno a Bonilla la forza per superare lo “stacco” tra Minor e Major mantenendo praticamente uguali le average per batting, slugging e obp, il tutto grazie alla gavetta in Portorico nelle Winter League dove continuerà ad esibirsi fino al 1988 incontrando fra gli altri futuri campioni come Roberto Alomar e David Cone. Qui i campi pessimi e pesanti lo aiuteranno a sviluppare le sue abilità da terza base ma anche da prima e rightfielder nonostante un fisico da peso massimo.

Venne riacquistato a metà stagione dai Pirates in cambio del pitcher DeLeon, una volta divenuto GM Syd Thrift, il suo scopritore.

Nel 1987 inizierà a diventare un fattore in MLB arrivando per la prima volta a battere con medie superiori a .300 sbocciando definitivamente dalla stagione successiva con 24 fuori campo e 100 rbi. Fino al 1991 accumulerà quasi 40 doubles, un War a 4.5 e arriverà secondo nel 1990 alla corsa MVP dietro proprio a Bonds; i due, che verranno l’anno dopo superati nella rush dal Brave Terry Pendleton, portarono Pittsburgh a vincere tre titoli divisionali apparendo sotto il titolo “Killer B’s” della rivista Topps Baseball Card.

Divenuto free agent e non soddisfatto delle offerte dei Pirates, impegnati con altri super contratti come per Andy Van Slyke, si accordò per l’enorme cifra di 5 milioni coi New York Mets, riavvicinandosi a casa ma andando incontro alle critiche dei media per la spesa sostenuta, in una città da sempre ricca di ferocia giornalistica, come del resto il suo amico Barry gli aveva predetto.

Rimasto legato alle sue origini e al suo quartiere natio formerà con sua moglie la Millie and Bobby Bonilla Public School Fund, donando in futuro per ogni rbi effettuata 500 dollari alle scuole del Bronx. In campo risentì dei malumori di stampa, media e anche tifosi: le statistiche crollarono così come le run segnate e una volta affrontato Pittsburgh come avversario qualcuno lanciò in campo addirittura bottiglie verso di lui. Per concentrarsi userà persino tappi per orecchie e arriverà a minacciare lo scrittore Klapisch di “portarlo a fare una passeggiata nel South”!!

La sua potenza in battuta lo fece rivalutare nella stagione successiva (1993) e nel 1995 nelle quali guadagnò il suo quinto e sesto All Star game dopo gli anni d’oro, ma un tifo ormai troppo esigente ed un ambiente all’epoca “molto snob” per lui lo spinsero ad accettare uno scambio con gli Orioles a Luglio 1995.

La felicità di questa scelta portò lo slugger a guidare la notte stessa fino a Baltimore per presenziare nel lineup contro Chicago. La voglia di rivalsa fu basilare per accompagnare la sua nuova squadra ai playoff con prestazioni esagerate (slg a .544) come contro gli Indians dove con un grand slam in gara 1 ed un fuori campo in gara 4 contribuì ad eliminarli prima di inchinarsi agli Yankees nel Championship.

Divenuto ancora free agent nel ‘97 si accasò in Florida incontrando di nuovo il suo vecchio manager Jim Leyland. Grazie agli sforzi economici del proprietario Wayne Huizenga coi quali arrivarono a roster Moises Alou, Alex Fernandez e Jim Eisenreich, i Marlins portarono Bonilla in postseason un’altra volta. Fu quella vincente!

Grazie ad una stagione solida con media in battuta a .300, 39 doppie, 96 rbi e 17 homer, aiutò la squadra a compiere una grande impresa vincendo le World Series come wild card, battendo San Francisco, Atlanta e Cleveland. A fine anno il magnate ed owner passò alla cassa vendendo e smembrando il team dei migliori giocatori arrivando così dal trionfo agli ultimi posti delle classifiche.

Nel maggio 1998 venne scambiato insieme a Gary Sheffield e altri tre ai Dodgers per Mike Piazza e Todd Zeile, decretando in pratica la fine della sua epoca, delle sue ambizioni e dei suoi stimoli, fino a rimbalzare di nuovo ai Mets per Mel Rojas nel 1999.

Concluse da gregario gli ultimi due anni di carriera (2000/2001) ai Braves e ai Cardinals, squadre che senza il suo aiuto vinsero il titolo divisionale e approdarono ai playoff.

Un aneddoto permetterà a chiunque di ricordarlo fino al 2035: sarà infatti questo l’ultimo anno nel quale riceverà lo “stipendio” differito da New York per un accordo del 1999. Il giorno di paga (1 Luglio) viene infatti soprannominato il “Bobby Bonilla Day”.

Ciò non toglie nulla ad una bellissima storia, iniziata in uno dei più crudi sobborghi americani e chiusa con la gloria in Major League. Una favola che racconta come una mazza ed una pallina da baseball hanno tolto dalla strada un ragazzo “segnato” dal peccato e dalla perdizione! Un bambino fortunato rispetto ad altri per aver trovato vicino a se persone giuste e l’amore di una famiglia per bene!!

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