Nuovo anno, nuovo giro di giostra. Passato alla storia l’out finale delle World Series 2017 per mano di Jose Altuve che iscrive finalmente Houston nell’albo d’oro della massima competizione, le prime contrattazioni ed i primi incontri per la costruzione delle compagini che competeranno per la stagione 2018 sono e stanno sempre più entrando nel vivo.

In una off-season sorniona, stranamente lenta ad entrare in pieno “swing” e con relativamente pochi free agent top-10/top-15, al cambio del calendario, con in tasca un contratto nuovo di pacca. Che la Hot Stove, come la chiamano ad ovest dell’Atlantico, cominci a darci qualche soddisfazione!

In questa sede ci vogliamo in particolare concentrare sulle mosse in entrata ed in uscita delle 7 franchigie che con ogni probabilità si presenteranno all’Opening Day 2018 quali favorite nelle rispettive divisions.

7 e non 6 mi direte. Sì, e prendiamo appositamente in prestito un antico marchio di fabbrica delle testate sportive italiane della fine degli anni 90’ (loro lo riferivano alle pretendenti allo Scudetto calcistico 1998/1999), per mettervi una pulce nell’orecchio.

7 pretendenti al titolo MLB 2018 ancorché possano sembrare troppe, soprattutto così in anticipo sul primo pitch della stagione, di sicuro ad oggi rappresentano ai nostri occhi chi con tutta probabilità si appresterà a tagliare il nastro di partenza con l’acqua battesimale in fronte.

E, needless to say, nella American League East dobbiamo contare doppio, includere sia Tom che Jerry, le due metà del cielo della costa est degli States: Yankees e Red Sox. Ripartiranno entrambe, quest’anno come non mai, come corazzate che si equivalgono. Del resto il mese di Novembre appena passato ha prodotto scossoni per nulla secondi a terremoti di grado 8 della scala Mercalli.

I Bronx Bombers con Giancarlo Stanton stanno dimostrando Urbi et orbi di voler ricorrere all’artiglieria pesante per appianare quei piccoli dettagli che non hanno permesso loro di passare lo scoglio Astros sulla strada per la Fall Classic 2017.

I Red Sox per parte loro partono da una base già solidissima che ha prodotto gli ultimi due titoli di division; Dombrowski & Cora sono rimasti finora silenti ma il colpo in canna da 40 fuoricampo stagionali, anche nel Massachussetts, è pronto per essere esploso…mica solo a New York…

Partiamo allora dai campioni in carica di Houston che perdono quattro lanciatori di prima fascia, tre relievers e un partente: Tyler Clippard, Luke Gregerson, Francisco Liriano e Mike Fiers.

Mentre quest’ultimo rimane nella American League andando a porre le basi per una (speriamo definitiva) ricostruzione dei Detroit Tigers, Gregerson si è invece già accordato con i Cardinals, una franchigia in disperato bisogno di qualità per ridurre la distanza dei Cubs dominatori di division.

Due soli mesi non sono invece bastati all’outfielder Cameron Maybin (arrivato a fine agosto dagli Angels) per meritarsi una conferma nel roster 2018 dei campioni in carica.

Movimenti in entrata? L’anno scorso il tallone d’Achille dei texani è indiscutibilmente stato il bullpen. Solo grazie all’apporto di qualità generato dall’arrivo di Justin Verlander in estate il pur promettente “ranocchio” Astros è stato in grado di trasformarsi in principe coprendo così delle lacune tuttavia evidenti.

Per questo motivo, fin dalle battute iniziali della off-season il General Manager Jeff Luhnow si è messo come un segugio alla caccia di relievers di spessore e prospettiva.

Detto fatto. Ecco che Joe Smith viene soffiato al super-rivale infra American League Indians e Hector Rondon allo spauracchio 2016 della stessa Tribe, i Chicago Cubs. Come anticipato nel report precedente a questo, serio è l’interesse di Houston nei confronti di Yu Darvish. Non tanto in prospettiva 2018 visto che la rotazione dei lanciatori partenti rimarrà immutata (può contare addirittura su sei unita!), quanto per non dover ridisegnare la mappatura della rotazione stessa un anno da oggi, ossia quando i contratti di Dallas Keuchel e di Charlie Morton verranno a termine naturale.

In ordine di anzianità di servizio 2017 passiamo adesso ai Los Angeles Dodgers. Qui il contingente di persone che lasciano la California basterebbe a riempire un Boeing 747. Direzione? Chi lo sa.

Di certo c’è che Chase Utley (possibile ma non scontato una sua conferma), Curtis Granderson, Franklin Gutierrez, Yu Darvish, Andre Ethier e il pitcher Tony Watson lasciano per scadenza contrattuale lasciando dei vuotarelli mica male nel plotone agli ordini di “Mr. Steal” Dave Roberts (ALCS 2004 Gara 4, è sua la mossa che apre le danze al domino che da 0 gare a 3 contro gli Yankees porterà Boston a vincere la serie e…le World Series…ndr).

Finita qui? Neanche per sogno. L’incubo luxury tax rovina i sonni alla massima dirigenza losangelina che si trova costretta a spedire un gruppetto di 4 giocatori ad Atlanta per forzare un abbassamento sostanziale del tetto salariale per la stagione a venire.

Scott Kazmir, Adrian Gonzalez, Brandon McCarthy e Charlie Cluberson: sono loro i sacrificati dal Vice President per le Baseball Operations Andrew Friedman che dalla Georgia vede però arrivare in cambio Matt Kemp (un cavallo di ritorno con risicatissime possibilità di vedere il campo). Proprio in ottica luxury tax altrettanto risicate appaiono le possibilità di inseguire attivamente Darvish.

In entrata si registra, oltre all’esercizio dell’opzione per la stagione 2018 sul contratto del terza base Logan Forsythe, l’arrivo di Tom Koehler, solido reliever con un passato recente fra Miami e Toronto. Una ulteriore trade per un outfielder di maggiore consistenza rispetto a Kemp potrebbe essere la mossa convincente che tutti ci aspettiamo da una franchigia che sul mercato ha le mani praticamente legate (i milioni in stipendi 2018 sono dati molto prossimi alla soglia dei 197).

Lorenzo Cain è libero e potrebbero essere proprio i rivali di una vita, i Giants, a portarselo a casa. Certo, con l’uno-due Evan Longoria-Lorenzo Cain, anche nella Baia di San Francisco potrebbero iniziare ad accampare pretese da prima della classe per questo 2018. Una classe che, per chi cerca l’oro ad Ovest, fra i vispi e super-attivi Rockies (fra i migliori sul mercato ad oggi) e i Diamondbacks sull’onda lunga di uno straordinario 2017 da playoffs, si fa davvero dura per chi ha sogni di gloria nel cassetto. Aspera ad astra. Nella NL West come non mai.

Apriamo ora il capitolo Cubs. Un mercato giustamente e, come ci si poteva aspettare, su di giri viste una campagna 2017 tutto sommato deludente (le aspettative per un repeat erano alte; si pensava di avere posto le basi per un impero à la Yankees fine anni 90’) ed un mercato, quello dei rivali Cardinals stufi di fare da spettatori ad ottobre in tv, che ha registrato colpi ponderati e ben assestati.

Fra le due squadre il gap creatosi fra 2016 e 2017 si è visto e stravisto. Ma con Theo Epstein le curve di miglioramento delle sorti delle franchigie sotto il suo controllo sono sempre costanti e tendenti ad un medio-lungo periodo.

Ecco che in rapida successione, a fronte della perdita di giocatori del calibro di Jake Arrieta, John Lackey, Wade Davies (colpaccio Rockies!) e Hector Rondon, sulle sponde del lago Michigan approdano, al posto dei primi due, Drew Smyly (al rientro dopo il Tommy John surgery che lo ha costretto spettatore per l’intero 2017) e Tyler Chatwood, mentre per puntellare il bullpen ecco Brandon Morrow in uscita dai Dodgers e Steve Cishek, una positiva annata quella scorsa fra Mariners e Rays.

Se Smyly rappresenta un’addizione nel roster a livello di profondità nelle scelte per il manager Maddon, ad Epstein la perdita di un ex vincitore di Cy Young Award in Jake Arrieta non può passare inosservata. Ecco il motivo per cui, ad oggi, proprio i Cubs, insieme agli Astros, sembrano figurare in cima alla lista dei bookmakers quali nuova squadra per Yu Darvish (in alternativa è pronto Alex Cobb). Che, qualora dovesse cedere al fascino senza età della windy city sponda Wrigley, non troverà dietro al piatto il veterano Alex Avila, attualmente anch’egli in cerca di un contratto.

Un fedelissimo della NL Central come Jon Jay, con un importante e glorioso passato a St. Louis, a scadenza, non figurerà più fra le armi in mano al mago Maddon per ritentare un assalto alla Fall Classic 2018. Staremo a vedere, di sicuro con un Marcell Ozuna in più (ma un Lance Lynn in meno) i Cardinals si mantengono stabilmente in corsa quali seconda forza della division, tallonati per il momento dai buoni Brewers visti la stagione passata. Sempre in attesa di piacevoli sorprese oramai da tanto, troppo tempo mancanti da quel di Pittsburgh…

Rimaniamo nella Central saltellando ora nella American League. Favoriti indiscussi restano loro, gli Indians di quel geniaccio del dugout che risponde al nome di Terry Francona. Il colpo grosso da loro, prima o poi, ce lo dobbiamo aspettare.

Le solide basi delle campagne di successo del 2016 e del 2017 sono state indiscutibilmente poste nei primi tre anni di reggenza del manager bi-campione del mondo. Attendendo tempi migliori e crescendo in casa i propri fenomeni, Francona ha saputo modellare ad arte un’identità vincente ad una franchigia che è ormai matura per trarre i frutti di tanta attesa.

Ok, quest’anno la squadra si vedrà orfana di pezzi da novanta come Carlos Santana, Jay Bruce, Austin Jackson e degli importanti reliever Joe Smith (che va a rinforzare la rivale Houston) e Bryan Shaw (altro bel colpo dei Rockies), ma l’imprinting vincente ed il roster siamo convinti che potranno comunque permettere di sopperire a mancanze di questo calibro.

In entrata arriva Yonder Alonso per prendersi cura della prima base lasciata sguarnita da Santana (adesso ai Phillies come sappiamo). Occorrerà fare di più per pareggiare la potenza al piatto di altre rivali infra-league. E un riferimento a Manny Machado adesso, a un anno dalla free agency, è più di un’idea.

Siamo convinti che il 2018 possa rappresentare la migliore occasione al titolo per Cleveland vista la profondità di opzioni nella rotazione dei partenti e viste le mire di medio termine di team più giovani come gli Astros e gli Yankees. A Baltimore, in cambio, potrebbero accontentarsi di un paio di lanciatori partenti. Cleveland se lo può permettere e non può aspettare un anno. Il prezzo e l’anno, sì, sono davvero quelli giusti.

Un altro perenne contendente, oltre che oramai scontato vincitore di division (non lo quoteranno neanche più a Las Vegas…), all’inizio dell’anno sono i Washington Nationals. Una crisi isterica della proprietà li ha portati a cacciare il saggio manager Dusty Baker. Del resto non passare mai, 4 volte su 4, le Divisional Series è imbarazzante per chi viene di continuo accreditato di un posto al sole nel gotha dell’MLB ma perlomeno in finale di National League non riesce ad arrivarci davvero mai.

L’annata che viene è di quelle spartiacque. Il fenomeno, l’idolo della tifoseria Bryce Harper, arrivato ragazzino nel 2010 come pick n.1 al draft, andrà a scadenza la prossima off-season e vincere quest’anno appare un must grosso come una casa per il neo manager Dave Martinez. Uno abituato a partite di un certo peso avendo seguito Joe Maddon da suo bench coach in entrambe le esperienze di Tampa e Chicago. In quanto a giri sulla giostra delle World Series qualcosa perlomeno lui la conosce…

Cosa eredita Martinez? Quasi una squadra intera a scadenza di contratto: il pilastro Jayson Werth, il prima base Adam Lind ed il pitcher Joe Blanton sopra tutti. Facce nuove? Per ora solo Matt Adams, un passato importante a St. Louis e Atlanta, che potrà servire come valida alternativa a Ryan Zimmermann in prima.

Non contando l’investimento per far rimanere un importante pezzo da novanta del bullpen, ossia Brandon Kinzler. Una scommessa? Jake Arrieta potrebbe rappresentare ciò che Verlander è stato quest’anno per gli Astros: quella ciliegina su una torta già tanto, tanto ricca. Proprio così. Manca solo quell’extra mile che ti fa tutta la differenza del mondo…

Ed eccoci al piatto forte. Red Sox-Yankees, la sfida eterna che quest’anno sarà senza esclusione di colpi una sfida ai vertici dell’intera lega. Chissà, un’altra finale di American League con le due antagoniste di una vita…

Ma non perdiamoci in sogni troppo avventati e affrontiamo l’argomento Boston. Alex Cora innanzitutto, il nuovo skipper ed ex infielder bostoniano campione del mondo 2007 era la “sicurezza” che agli occhi dei tifosi la guida seppur vincente di John Farrell non garantiva più. Per farsi assumere da Dombrowski ce ne vuole, ma il ragazzo a Houston ha dimostrato di avere tutte le corde dell’arco che suonano a meraviglia.

Passiamo alla squadra. L’ex yankee Eduardo Nunez, il sempre utile Rajay Davis e l’outfielder Chris Young lasciano la causa bostoniana attendendo nuove dal mercato. Chi invece si è già accasato altrove è il lanciatore partente Doug Fister che va ad unirsi all’altro nuovo arrivato Matt Moore e all’ace Cole Hamels nella rotazione dei partenti dei Texas Rangers.

La conferma di Mitch Moreland in prima base è stata una reazione quasi emozionale da parte della dirigenza bostoniana all’uragano che ha investito la AL East nei giorni che hanno visto Giancarlo Stanton andare a rafforzare dei New York Yankees già molto, molto promettenti.

La bomba di mercato, quella per cui i tifosi si accapigliano nelle accese discussioni dal barbiere o al pub, a Boston lo attendono da oramai due mesi e il nome è uno solo: J.D Martinez. Un anno da incorniciare alle spalle diviso fra Detroit e i playoff con Arizona, numeri da record, insomma un resume perfetto per chi aspiri ad entrare in quel tritacarne mediatico chiamato “La città di Boston e le sue squadre professionistiche”.

Chiudiamo questa rassegna con la sorpresa in positivo del 2017. Quei New York Yankees con in mano un capitale in gioventù che il manager di lungo corso Joe Girardi riesce a malapena a guidare. Troppi anni con mostri sacri cui non si deve insegnare nulla? Il termine naturale di una storia durata dieci anni con annessi e connessi di relazioni logorate nel tempo?

Chissà, il presente intanto si chiama Aaron Boone. E’ lui il prescelto di Brian Cashman per affascinare, ammaliare e condurre alla vittoria quel misto di veterano e giovane di talento che a New York così bene ha funzionato l’anno scorso pur fra le peggiori turbolenze.

Ed è proprio parte della “colonna” degli esperti e scafati trentenni a salutare la truppa. Matt Holliday e Todd Frazier si piazzano sul mercato in cerca di una nuova esperienza; per il buon Todd potrebbero chiamare ancora dal Bronx, soprattutto dopo la dipartita di Chase Headley, di ritorno ai Padres in una trade che a New York porta Jabari Blash.

Altra perdita nel roster è quella del lanciatore mancino Jaime Garcia, che l’anno scorso ha battuto ogni record figurando sul monte di lancio per tre squadre differenti in MLB in soli 15 giorni. Agli Yankees, c’è da essere sinceri, la cosa non pesa più di tanto vista l’incredibile profondità delle opzioni a disposizione.

Profondità, appunto. Non abbiamo detto qualità. E il ritorno per una stagione a 10 milioni di dollari di CC Sabathia non ci convince appieno come invece, in quel ruolo, fanno Severino, Tanaka e Gray. Domanda scontata: e Darvish? Dipende dal salario annuale richiesto dal nippo-iraniano. Puntellare la rotazione è l’assoluta priorità nel Bronx.
 

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