Ci sono certi giocatori che non hanno bisogno di parole per esprimersi, perché lo lasciano fare al campo, alle prestazioni, in grado di sconfiggere quella timidezza e semplicità che, in casi sempre più rari, vengono conservate nonostante la notorietà possa oscurarle.

E’ il caso di Clayton Edward Kershaw, nato e cresciuto in una grande città come Dallas, da genitori divorziati, ma che sin da piccolo ha sfogato le sue possibili frustrazioni nello sport, specialmente nel baseball, mantenendo quella tranquillità che ancora lo contraddistingue.

Tranquillità della quale è ed è stata certamente partecipe l’attuale moglie, Ellen, conosciuta al liceo e da cui non si è più separato, compiendo il grande passo nel 2010, al’età di 22 anni.

Ma al di là della sua vita privata, Clayton ha sempre dato l’ultima parola al diamante, in particolar modo al monte di lancio, suo habitat naturale che gli ha permesso di entrare tra i pro direttamente dopo l’high school, senza però evitare il limbo delle minor league, in cui vi è rimasto due anni, prima di approdare definitivamente in MLB, richiamato dalla squadra che lo aveva scelto con la settima chiamata assoluta al draft del 2006, i Los Angeles Dodgers.

Tre anni di apprendistato, per poi esplodere definitivamente nella stagione 2011, in cui venne convocato per la prima volta all’All-Star Game, prima di vincere, a fine stagione, il Cy Young Award come miglior pitcher della National League, comandando la classifica degli strikeout (248, record personale ancora imbattuto), collezionando 21 vittorie e una media ERA di 2.28 (primo nella lega in entrambe le voci), le quali gli permisero di conquistare pure la Triple Crown e il Gold Glove Award.

Insomma, un’annata straordinaria, il cui prolungamento è arrivato, in parte, in quella successiva, dove ha raccolto un Roberto Clemente Award, come esempio sportivo per la comunità e per la propria squadra, di cui è diventato ufficialmente il condottiero silenzioso.

Leadership che ha mantenuto anche dopo l’arrivo di un altro Cy Young, Zack Greinke, giunto dall’altra sponda di Los Angeles per provare a dare man forte al ragazzone texano.

E, con le spalle un po’ più alleggerite e coperte, Clay mette insieme altri numeri da vero extraterrestre. 232 strikeout con una media ERA di 1.83 (!), roba dell’altro mondo.

Ed ecco che il secondo Cy Young Award viene calamitato dalle sue mani, garantendosi anche il meritato rinnovo contrattuale: 215 milioni di verdoni per i prossimi sette anni.

Ma il momento più alto della carriera di Kershaw arriva il 18 giugno scorso, quando, contro i Colorado Rockies, firma il primo no-hitter della sua carriera, condito da ben 15 K che rappresentano il suo career high, senza concedere nemmeno una base per ball. Una prestazione al limite del perfect game, quindi, se non fosse stato per l’errore commesso da Hanley Ramirez nella parte alta del settimo inning che ha concesso la prima base della serata agli avversari.

Da lì si sono sprecati i soprannomi (tra cui Clayton Kershow), spesso allusivi al fatto di aver sterminato qualunque battitore si presentasse al piatto, senza pietà, effettuando 107 lanci, privo di qualsiasi sintomo di stanchezza.

Ciò che ha reso, però, il suo mese di giugno praticamente indimenticabile, è stata la costanza e la determinazione con cui ha affrontato le partite, sei per la precisione, tutte vinte, concedendo la bellezza di zero punti negli ultimi 28 inning (!).

Un mese chiuso alla grande, con 13 strikeout nella gara di domenica 29 contro i Cardinals, che hanno portato il suo conto mensile ad un definitivo 61, qualcosa di impressionante, tanto che la sua stagione ha preso un’impennata improvvisa, facendolo rientrare nuovamente nel novero dei candidati al Cy Young Award.

Una stagione partita male, con qualche problema alla schiena di troppo che ne ha limitato le prestazioni, facendolo rientrare a maggio – dopo aver giocato l’opening day in Australia – al termine di una degenza lunga più di un mese, cosa mai accaduta in tutta la sua carriera.

Carriera che aspetta ancora un successo di squadra per far definitivamente entrare il ventiseienne lanciatore nell’Olimpo dei più grandi di sempre. E chissà se quel trionfo alle World Series, che ad LA attendono proprio dal 1988, non possa arrivare quest’anno, magari con uno strikeout decisivo da parte di Clayton, in quello che diventerebbe il lancio più importante della sua comunque giovane vita professionistica.

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