E così, dopo mille capovolgimenti di fronte, anche le division series di Oakland e Detroit sono negli annali. Come molto spesso nelle serie a 5 partite, finiscono come erano iniziate, col dominio di un partente dei Tigers. Oakland ha però venduta carissima la pelle, mettendo in scena un canto del cigno degno di una stagione assolutamente entusiastica, applaudito lungamente dal suo pubblico. Vediamo partita per partita come le cose sono andate.

Gara 3: “Robbed home runs are good”

Nel pensiero di Brett Anderson di martedì notte condiviso su internet il succo di gara 3. Gli Athletics, sotto 2 a 0 nella serie, avevano mostrato quanto erano dipendenti dal loro fielding a causa dell’errore pacchiano di Coco Crisp che, in una parola, perse da solo gara 2. Martedì invece le cose si sono ribaltate.

Sul monte, dirimpettaio di Anderson, sale Anibal Sanchez il cui rendimento contro Oakland era stato pessimo nel passato incontro stagionale (5 ER). Ci mette infatti due minuti a concedere il primo punto, proprio con Crisp che entra sulla valida di Yoenis Cespedes. Con 0 out, i 37000 del Coliseum si aspettano un big inning. Forse perchè sono molti quelli che al Coliseum, deserto per larghi tratti in regular season, ci sono per la prima volta. Oakland non è squadra da big inning, tant’è che la grounder battuta in double play da Josh Reddick non ci stupisce troppo e termina il parziale.

fielderL’incedere di Prince Fielder, che dal dugout si porta on-deck e quindi al piatto, è la classica immagine di mille film sportivi. Il grosso e cattivo (solo nella finzione) giocatore che spegne le speranze dei meno prestanti avversari. Il timido 1 a 0 vacilla sotto il colpo che il prima base ex Milwaukee rifila alla pallina, mandandola oltre il muro di fondo campo. Ecco però, che come in tutte le rappresentazioni di cui parlavamo prima, arriva il riscatto per Crisp. Incredibile presa al volo e Prince torna nel dugout dal quale è venuto.

Nel quarto inning, è Stephen Drew a sfruttare, con recupero e assistenza volante in prima, la lentezza di Fielder e, per la disperazione del numero 28 ci si mette anche Cespedes con la presa in tuffo all’esterno nel settimo alto. E se lo slugger è sfortunato, meglio non va ai suoi compagni. Austin Jackson, Infante, Andy Dirks vanno 0 su 3, Cabrera 1 su 4. Gli 80 lanci di Anderson gli bastano per mettere out 18 avversari, concedere 2 valide, 2 BB e rifilare 6 K. Un ritorno, quello del mancino che non giocava dal 19 settembre, più che convincente nella prima uscita in post season della carriera.

Nel quinto inning, a chiudere il punteggio sul 2 a 0, arriva il fuoricampo di Seth Smith (sul giocatore torneremo tra qualche riga come potete immaginare). Insomma, gara 3 fila via liscia, il pubblico delle grandi occasioni sventola i suoi drappi nel cielo della California e si va sul 2 a 1 nella serie. La domanda è solo una: Oakland saprà difendere ancora così bene? I lanciatori, ed in teoria siamo alla parte bassa delle rotazioni, renderanno ancora così? Se avevamo criticato la scelta di Doolittle in gara 2, non possiamo farlo ora: 1 IP, 3 K. Bene anche il bullpen ospite, con Octavio Dotel, Coke e Rick Porcello che non concedono valide.

Una partita così, cioè con difese in evidenza, la vince sempre Oakland. Con questa certezza si va a gara 4. Dire che è fondamentale è poco, soprattutto per Jim Leyland e i suoi.

Gara 4: il picco dell’eroismo?

I partenti sono Max Scherzer per le tigri ed A.J. Griffin, ennesimo pitcher lanciato dai green & gold e subito produttivo. Nei primi 4 inning si rimaterializzano i vecchi A’s, diciamo quelli di questa primavera. Senza una valida, gli inning passano veloci per Scherzer. Certo i Tigers non sono delle bocche da fuoco, ma quando l’home run di Prince Fielder arriva proprio nel quarto inning, in molti sugli spalti sospirano amaremente.

Sul 2 a 0 il pitcher di Detroit inizia a vacillare. Il wild pitch e il doppio concesso a Drew portano al 2 a 1 e sono un po’ troppo per una squadra che, comprensibilmente, inizia ad avere un minimo timore di un avversario meno quotato ma che gioca in casa. Per fronteggiare Cespedes entra Dotel, per Reddick Phil Coke. Danni limitati nella parta bassa del sesto inning, ma partita riaperta.
Leyland provvede ad utilizzare la small ball. Nell’ottavo entra così un altro punto, quello del 3 a 1.

Sembra finita quando Joaquin Benoit manda k Brandon Moss, prima base che idealmente rappresenta la mancanza di potenza nel roster di Oakland. Mancano 3 soli out a testa, e dopo il dimenticabile nono dei Tigers il Coliseum e i suoi 37000 spettatori “casual” si preparano a salutare i loro eroi per l’ultima volta in questo roboante 2012.crisp

Qui il manager di Detroit non mostra grossa prudenza quando tiene sul monte Jose Valverde dopo che Josh Reddick e Josh Donaldson raggiungono la terza e seconda base rispettivamente. Il dominicano lancia ad una media di 92 miglia all’ora in questo stralcio di gara, e quando l’ha fatto in stagione la media avversaria è sopra il .380. Al contrario, quando supera tale velocità, gli avversari fanno .200. Una differenza che ce l’avrebbe fatto sostituire subito prima del doppio di Seth Smith che dà il pari ai suoi. 3 a 3. Extra-inning?
No, perchè se il cerchio si deve chiudere, lo deve fare bene. Chi arriva nel box battuta con Smith in seconda e 2 out? Coco Crisp. Singolo, Smith corre a casa e l’ex Red Sox è sommerso dai compagni dopo essere stato il responsabile di una vittoria memorabile.

Nella ressa festaiola che si scatena c’è anche chi si taglia il sopracciglio destro e perde sangue, ed in generale c’è un’atmosfera di entusiasmo contagioso in uno stadio mai stato così vivo da decenni. I giocatori di Bob Melvin sono adrenalinici, non mancano di sottolineare con gesti di tripudio la loro gioia, gonfiano i muscoli. Il loro riscatto è servito, nessuno si dimenticherà di loro.

Per zittire però lo scrosciare dei fazzoletti gialli già divenuti oggetti di culto Detroit ha un’ultima risorsa, anzi, la sua prima risorsa. Per gara 5 tornerà Justin Verlander!

Gara 5: applausi e capolavori

I miracoli, quelli veri, non si possono fare, nemmeno nel baseball. E bastano pochissimi lanci di Verlander in gara 5 per stabilire che non si vedranno gli Athletics nelle ALCS del 2012. Preciso, potente, il numero 35 lancia 9 inning, 4 valide, 1 base per ball e 11 strikeout nella vittoria 6 a 0 dei suoi. Trovare il contatto per i battittori in gialloverde è un’ utopia, il miracolo sarebbe portare qualche punto a casa. Miracolo che non arriva.

In realtà, la partita dell’asso della Virginia non inizia nel migliore dei modi: concede un doppio a Yoenis Cespedes nel primo e la base ball della partita a Brandon Moss nel secondo. La prima volta se la cava con le sue forze, la seconda grazie ad Alex Avila, che fa una gran giocata sul tentativo di rubata di Moss. Sempre a Moss Verlander concederà un’altra valida nella parte bassa del quinto, poi chiuderà con il singolo di Cliff Pennington nell’ottavo. Tutte le valide sono state lanciate con due out nell’inning, a testimonianza della tenuta mentale del partente, che concede solo quando può permetterselo.

Dall’altra parte, la partita dell’attacco di Detroit si è rivelata abbastanza agevole, almeno in confronto alle altre sfide della serie. Il doppio di Austin Jackson ed il wild pitch del partente di Oakland Jarrod Parker davano il vantaggio per 2 a 0 nel terzo inning, poi 2 RBi e 2 errori della difesa davano il 6 a 0 finale nel settimo. La partita offensiva di Detroit è stata facile, e sicuramente un bell’aiuto morale l’hanno avuto dal loro intoccabile pitcher.

Sul groundout di Smith arriva il 27esimo out. Verlander scende dal monte con il record di strikeout per una serie playoff di 5 partite (22), il pubblico del Coliseum tributa ai suoi beniamini un lungo applauso. Lo stesso Verlander riconosce con un cenno la grandezza dell’impresa di Oakland, che nella notte californiana (qualche oretta fa in Italia) saluta i palcoscenici che contano. La cenerentola si ferma qua, con una rotazione in fascie e senza nomi di rilievo in lineup. Darà via i suoi baby campioni come fatto con Gio Gonzalez (a proposito, gara 5 di NLDS con lui protagonista è questa sera) oppure stabilirà che questo gruppo merita di riprovarci? Senza nulla da rimproverarsi, forse questa sarebbe la scelta vincente per il 2013.

verlanderTornando ad oggi, alle ALCS vanno i Tigers: squadra non completa ma che ha nei suoi campioni la sua essenza. Ha faticato perchè Miguel Cabrera ha fatto solo 5 su 20, e perchè Valverde ha fallito miseramente in gara 4. Altrimenti la vittoria sarebbe stata più netta. Ha però due speranze: Justin Verlander e Prince Fielder, performanti in questa serie, ed una serie di buoni giocatori come Austin Jackson (2 doppi, 3 RBI) o Omar Infante (6-17, 6 R), buoni in questa serie ma pronti ad assurgere aa ruolo di eroi da qui in poi. Oltre ad un bullpen solido.
Purtroppo per loro, in ogni caso si prospetta un’altra serie equilibrata nelle finali di lega, che sia contro New York o contro Baltimore. I Tigers saranno anche al secondo championship consecutivo, ma devono ancora dimostrare di essere un rullo compressore.

Questo, ovviamente, quando sul campo non c’è il numero 35.

 

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