RiuscirĂ  Justin Verlander a vincere il titolo di MVP stagionale?

Si è chiusa un’altra grande stagione in American League Central, e il sipario cala sulle 5 squadre come anche su un grande personaggio che ha caratterizzato gli ultimi otto anni di baseball della division: Ozzie Guillen lascia i Chicago White Sox, lasciando la AL Central orfana di un personaggio particolare, istrione e vulcanico che ha sempre fatto discutere i tifosi, nel bene e nel male.

Guillen non è riuscito tuttavia a impensierire troppo i Tigers, che rappresenteranno la division ai playoff (dove a oggi affronterebbero gli Yankees) e nella caccia ai premi individuali, con Verlander e Cabrera in corsa per Cy Young Award (il primo) e AL MVP (entrambi).

1. Detroit Tigers (94-67, .584)

I Tiges hanno vinto la AL Central per la prima volta dal 1987 e hanno passato le ultime 2 settimane a prepararsi al meglio ai playoff, a rifinire la rotazione e a riposarsi.

L’argomento della settimana è Justin Verlander e la sua rincorsa al titolo di MVP (il Cy Young Award sembra praticamente certo) della American League.

Sarebbe il primo lanciatore dal 1992 a vincere il premio, e le statistiche con cui ha chiuso la stagione aiutano non poco la sua causa: 2.40 di ERA, 0.92 di WHIP, 250 strikeout in 251 inning in quella che è stata la sua migliore stagione in carriera.

Le opinioni degli addetti ai lavori sono divise in due, fra chi vorrebbe meritatamente assegnargli l’MVP e chi il titolo di most valuable player fra i lanciatori sia proprio il Cy Young Award e che l’MVP vero e proprio vada lasciato a un position player. Sarà un dibattito interessante e, qualunque sia l’esito, farà senza dubbio discutere.

Tornando alla squadra e alla postseason che deve affrontare, le spettacolari partenze di Doug Fister delle ultime settimane hanno convinto Jim Leyland a usarlo come numero 2 della rotazione nei playoff, dietro a Verlander e davanti agli incostanti Scherzer e Porcello.

Brady Penny a questo punto rischia anche di non venire inserito nel roster di ottobre: dovrĂ  lottare con Carlos Guillen (ormai sano e in lizza per un posto da pinch hitter e utility infielder) ed eventualmente andare nel bullpen.

Sarà senza dubbio interessante osservare i Tigers nei playoff, dal momento che la rotazione ha il potenziale per trascinare la squadra alle World Series e il lineup non è da meno.

2. Cleveland Indians (80-81, .497)

La stagione degli Indians si chiude con un bilancio positivo: una squadra giovane, che ha lottato per buona parte della stagione per il titolo divisionale, un manager competente, e un ritrovato entusiasmo dell’ambiente.

Il finale di stagione si è pero’ concentrato tutto su Jim Thome, a cui è stata dedicata una statua commemorativa nella Hall of Fame degli Indians e a cui è stata data la possibilità di giocare in terza base (anche se solo per un out) per la prima volta dal 1996, in un bel gesto di Manny Acta che ha mostrato quanto lo spogliatoio di Cleveland sia sereno e unito.

Thome ha poi ricevuto una standing ovation dal pubblico del Progressive Field, che lo ha visto probabilmente per l’ultima volta.

Guardando al futuro, Cleveland va tenuta in seria considerazione per una stagione da protagonisti anche l’anno prossimo: se è vero che due prospetti importanti come White e Pomeranz non ci sono piu’, ce ne sono altri due che inizieranno la stagione nelle Majors, ovvero Kipnis e Chisenhall, e che hanno lasciato intravedere sprazzi di grande talento e che rappresentano il futuro per la franchigia.

3. Chicago White Sox (79-82, .491)

Come anticipato in apertura, la notizia principale per i White Sox, che chiuderanno con un record perdente per la seconda volta negli ultimi 3 anni, è la rescissione di comune accordo del contratto di Ozzie Guillen, dopo otto stagioni, due titoli della AL Central e soprattutto una storica vittoria alle World Series.

Guillen ha regalato momenti indimenticabili ai tifosi, sia sul diamante che fuori, con i suoi siparietti, le sue polemiche con la stampa e le sue “tweetate”.

Il periodo manageriale di Ozzie, che ha ringraziato in particolare il proprietario Jerry Reinsdorf, si chiude con un positivo 678-617, ma ora lascia i White Sox con molti punti interrogativi sul futuro e su chi sarĂ  il nuovo manager.

Il GM Kenny Williams ha dichiarato di avere già qualche nome, visto che la partenza di Ozzie era nell’aria.

Williams ha individuato un paio di soluzioni interne: Buddy Bell, direttore del player development, già manager di Detroit e Kansas City, che quindi avrebbe notevole esperienza all’interno della division, e Joe McEwing, attuale manager della affiliata di AAA dei Sox.

Un altro candidato, esterno questa volta, potrebbe essere Sandy Alomar Jr., attualmente sotto contratto con gli Indians ma ex giocatore di Chicago.

Quello che è certo è che le cose senza Guillen (che dovrebbe diventare il nuovo manager dei Marlins appena finirà la regular season) saranno molto meno interessanti ed esplosive sulla South Shore di Chicago. E non è detto che sia un male per i Sox.

Continuando a tenere un occhio su Adam Dunn, una delle grandi delusioni stagionali per Chicago, vale la pena di segnalare che Dunn non è stato schierato nel lineup per le ultime due partite di regular season, per evitare che raggiungesse le apparizioni al piatto necessarie per avere la peggior media battuta della storia del baseball (.179, Rob Deer nel 1991).

Dunn chiude la stagione con .160 in 493 at bat, e la cosa preoccupante è che i Sox gli dovranno 43 milioni di dollari per i prossimi 3 anni.

4. Kansas City Royals (71-90, .441)

I Royals hanno chiuso benissimo la stagione, andando 15-8 nel mese di settembre, e cercheranno di portare questo momentum nel prossimo spring training.

Un giocatore in particolare che meriterebbe maggiori riconoscimenti per quest’anno è senza dubbio Alex Gordon, gia snobbato all’All Star Game (Aaron Crow è stato il rappresentante dei Royals).

Gordon, oltre ad aver battuto sopra le aspettative (o meglio, ) ha giocato in maniera eccellente anche in difesa, come esterno sinistro.

Molti tifosi gli assegnerebbero il Gold Glove, a partire dalle statistiche (20 assist e solo 3 errori), passando per le giocate spettacolari con cui ha illuminato l’estate nel Midwest, fino ad arrivare alla mancanza di un altro candidato in American League: quel Carl Crawford che sembrava una certezza per vincere il premio a inizio stagione ha avuto una stagione sotto le attese, giocando 30 partite in meno di Gordon e rendendo meno in difesa.

Un premio individuale come questo rappresenterebbe l’inizio di un periodo in cui KC viene tenuta in considerazione sulla mappa del baseball, visto che a giudicare dai giovani talentuosi nella loro farm, ben presto bisognera’ iniziare a considerarli anche per il record.

5. Minnesota Twins (62-99, .385)

Per riassumere la deludente stagione dei Twins, la seconda peggiore della propria storia dopo al 60-102 del lontano 1982, basti pensare che nessun giocatore del roster supera le 3 WAR, con Cuddyer proprio a 3 e il migliore in una stagione da dimenticare.

Insomma, tolti lui, Span e Revere (piu le stelle infortunate Mauer e Morenau) si è trattato questa stagione di una squadra di replacement players, ovvero di giocatori da AAA.

Dal 29 luglio, quando la squadra era risalita fino a un record di 50-56, accorciando il distacco da Detroit a 9 partite e convincendo il front office a non diventare sellers alla deadline, i Twins hanno vinto 12 partite e ne hanno perse 43, con un incredibile run differential di -180 in stagione.
Minnesota chiuderĂ  la stagione con il peggior record in American League che, come detto, rappresenta il secondo peggior record della loro storia.

La differenza rispetto a quel 1982 sta nel fatto che allora la squadra era in piena ricostruzione, mentre quest’anno i Twins avevano un payroll di 115 milioni, un ballpark al secondo anno di vita e aspettative da contender.

Il nucleo di giovani e stelle è ancora intatto, e se i vari Liriano, Mauer, Morneau e Kubel riusciranno a restare lontano dalla DL l’anno prossimo, i Twins saranno tra i candidati principali a invertire la loro stagione perdente e centrare i playoff un anno dopo aver chiuso all’ultimo posto divisionale.

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