Al di là degli scetticismi dell’epoca, e nonostante non fosse ancora riuscito ad arrivare nemmeno ad una finale assoluta NBA, alcuni già considerano Jordan il più forte cestista di tutti i tempi: difatti, il suo gioco, elettrizzante da un punto di vista spettacolare, rasenta la perfezione anche su un piano tecnico, e in molti si fa strada la convinzione che non è possibile giocare meglio.

Nella stagione 1989-90, il tempo sembra comunque essere maturo. Vincente si rivelerà la strategia societaria dei Chicago Bulls: ancora una volta Krause entrò in azione, licenziando Doug Collins e promuovendo al suo posto l’assistente Phil Jackson. Secondo alcune voci ad avanzare la richiesta di “siluramento” del Coach fu proprio Michael Jordan, ma ciò, in ogni caso, non fu mai confermato.

Con Jackson al comando, i Bulls iniziarono a giocare il loro triangolo offensivo, dove MJ era sempre colui che si prendeva piu’ tiri, ma almeno, grazie alla tattica ideata da Tex Winter, i suoi compagni (soprattutto Scottie Pippen che si affermava anche a livello All-Star) avevano uno schema da seguire che li rendeva tutti pericolosi per le difese avversarie, aumentando la pericolosità della squadra, per evitare spiacevoli sorprese come quelle accadute nella Finale di Conference dell’anno precedente.

I Bulls chiusero il 1989-90 con un totale di 55 vinte e 27 perse. In Stagione Regolare scrissero due record di franchigia: 15 vittorie consecutive in casa e 8 vittorie consecutive in trasferta.

Con Jordan al comando dopo l’All Star Game i Tori sembravano puntare dritto al titolo: chiusero la seconda parte di stagione con un totale di 27 vittorie e 8 sconfitte. Da sottolineare che in queste 27 “W” furono messe a segno due strisce da 9 partite vinte una dietro l’altra. Michael per la quarta volta fu nuovamente miglior realizzatore di tutta la lega con 33.6 punti (52.6% dal campo), ai quali aggiungeva 6.9 assists, 6.3 rimbalzi e 2.7 palle rubate (primo nella NBA).

Il 28 Marzo contro i forti Cavs di Ehlo e Mark Price, Larry Nance e Brad Daugherty, Jordan mise a segno quello che sarebbe stato il suo carrer-high di sempre per punti in una singola partita: 69.

Nella post-season non ci fu storia per Milwaukee e Philadelphia, rispettivamente eliminate al primo e secondo turno, ma nelle Finali di Conference si riaccese la sfida Bulls-Pistons. Chicago, a differenza dell’anno prima, aveva degli schemi collaudati e funzionanti da contrapporre ai Bad Boys di Dumars e Rodman.

La serie fu assolutamente piu’ equa e si arrivò a Gara 7, dove a farla da padrone fu l’esperienza dei Pistons in partite dove la palla ad ogni possesso “pesa” sempre di piu’. Questa amara sconfitta non cancellò gli ottimi risultati conseguiti dalla squadra della Città del Vento e fu fondamentale per permettere a giocatori come Pippen, Grant e Cartwright di farsi le ossa in partite di alto livello.

A fine stagione, i Pistons vinsero il loro secondo anello, ma i Bulls erano sempre più considerati da molti come i futuri campioni Nba.

La vera consacrazione di Michael come dominatore assoluto del basket mondiale, arriva all’inizio degli anni novanta, quando i Bulls raggiungono un livello di gioco che coniuga un mix esplosivo di talento, creatività e spettacolo uniti al sacrificio e alla dedizione verso la fase difensiva del gioco, illuminati da Jordan che gioca una pallacanestro a livelli ineguagliabili, rasente il limite della perfezione mai vista prima e mai più rivista da nessun giocatore dopo di lui.

Phil Jackson e Tex Winter sono rispettivamente, in difesa ed in attacco, il tassello mancante per arrivare alla gloria. Il Coach inoltre, ha un’influenza positiva sul giocatore, di cui riesce ad ammorbidire le intemperanze individuali, creando il leader di squadra che è poi diventato.

La stagione 1990-91 Chicago iniziò con 3 sconfitte di fila, ma grazie a Jordan, Pippen, Grant e alla guida di Phil Jackson, i Bulls per tutto il resto dell’annata non fecero mai registrare due sconfitte consecutive.

Il capocannoniere risultò nuovamente essere sua Maestà che con 31.5 punti (53.9% dal campo), 6 rimbalzi e 5.5 assists fu anche votato M.V.P della stagione. Potendo contare su un MJ a questi livelli, ma anche su una squadra ormai consolidata, Chicago terminò in vetta alla Central Divison con un record di 61 vinte – 21 sconfitte. Fu la nona squadra nella storia di tutta la NBA a terminare con un record oltre le 60 vittorie.

Detroit, pur ancora massimamente competitiva, sembra aver esaurito il suo impeto agonistico, tanto che per la prima volta colleziona un record di vittorie in stagione inferiore a quello dei Bulls, accumulando nette sconfitte negli scontri diretti.

I Playoffs furono la consacrazione dell’ottimo lavoro svolto dai Bulls nelle ultime annate e di Michael Jordan. Dopo aver spazzato via New York 3-0 fu la volta dei 76ers eliminati per 4-1 e quindi nuovamente Finali di Conference contro i Pistons.

Questa volta però Chicago non aveva solo le armi giuste per fronteggiare i Bad Boys, ma anche l’esperienza maturata negli anni. Il risultato fu un clamoroso cappotto: 4-0, che spingerà i giocatori dei Pistons in panchina ad abbandonare il campo prima della fine di gara-4 per non poter sopportare una tale umiliazione.

httpv://www.youtube.com/watch?v=h_z_68NdbqM

Ad Ovest c’è Portland con il miglior record in regular season, ma è battuta nella Finale della Western Conference dagli esperti Los Angeles Lakers: la finalissima sarà Michael contro Magic, il meglio che questo sport potesse offrire.

Per la prima volta in carriera MJ approdava sul palcoscenico delle NBA Finals. Ad attenderlo c’erano i Lakers di Magic Johnson, ma in Gara 1 l’eroe non fu il numero 32 di L.A. o il 23 dei Bulls, bensì un ex-compagno di college di Jordan: Sam Perkins.

Con il punteggio ancora in bilico, fu proprio la bomba di Perkins a portare la serie sul 1-0 e a togliere il fattore campo dalle mani dei Tori. Jordan, che tirò e sbagliò il tiro per vincere Gara 1, si dimostrò comunque fiducioso e non demoralizzato.

In gara 2 tradusse questo suo atteggiamento con 33 punti e un totale di 15 su 18 dal campo!!! Da ricordare che in questa partita mise a segno l’azione passata alla storia come “The Move”: staccando dalla linea dei liberi, Michael trovò un avversario fra lui e il canestro, quindi (sempre in aria) si passò il pallone da una mano all’altra e fece canestro di sinistro ad effetto…

httpv://www.youtube.com/watch?v=RxNnEpeUXy4

Si è detto che non volesse umiliare il suo diretto difensore con una schiacciata potente da quell’altezza, ma lui ha sostenuto che volesse evitare una possibile stoppata, peraltro improbabile… Inoltre, dopo un time out, segnò il canestro decisivo della gara sul finale: praticamente onnipotente…

Con la serie sul 1-1 le Finali si spostarono nella Città degli Angeli dove, dopo un supplementare, fu di nuovo Chicago ad imporsi chiudendo 104-96.

Alla buona notizia del 2-1 se ne contrapponeva una allarmante riguardante proprio Sua Maestà: durante l’incontro si era fatto male ad un alluce e quindi non avrebbe potuto giocare al 100% in gara 4. Lo staff medico dei Bulls preparò un’apposita scarpa per lui in modo che non sentisse dolore ma quando Michael la provò si accorse che aveva difficoltà ad eseguire i movimenti base.

Chiese il suo solito paio di Nike, quindi avrebbe stretto i denti e sopportato il dolore. Il risultato furono 36 punti e la serie andava sul 3-1.

Gara 5 fu la conferma di quanto visto nelle ultime 3 partite e la consacrazione dei Bulls a Campioni NBA (primo titolo vinto dalla franchigia di Chicago). Ovviamente Jordan fu votato MVP della serie.

httpv://www.youtube.com/watch?v=dglKUjosbZk

Continua…

[Fonti utilizzate: Wikipedia - joeiverson.com ]

3 thoughts on “Michael Jordan story: ‘Phil Jackson e il primo titolo’

  1. questa partita la vidi in diretta , furono le mie prime finals in italia , indimenticabili , dio che nottata , ho assistito ad un evento storico a dir poco ; adesso rivedendo questo spezzone , me venuto il pel d’oca , ve lo giuro , gran bell’articolo , gran idea , perche non lo fate con tutti i + grandi , sarebbe bello rivedere molti giocatori di quegl’anni che mi han fatto passare nottate in bianco , a volte con dei back to back pazzeschi

  2. Canto del cigno dei lakers (che non erano neanche paragonabili a quelli di 3-4 anni prima, malgrado Magic fosse, se possibile, ancora più forte di allora; chi si sarebbe immaginato che di lì a pochissimi mesi stava per abbattersi su di lui la scure dell’aids?) e nascita di una dinastia…
    …aldilà della lotta in ogni singola partita la sensazione era che Chicago fosse troppo più forte… …ricordo che scommisi con un’amico sulla vittoria chicago 4-0 o 4-1 e con questo ragazzo la sconfitta di gara 1 la commentai con una battuta del tipo: “non ti è bastato vedere gara 1 per capire che i lakers non ne vinceranno più nemmeno una?” (tipica sbruffonata da 16enne: ora non lo direi mai!)…
    …e con il primo titolo di chicago iniziano a vincere le squadre composte, a livello di quintetto base, anche da atleti “normali” chiaro segno della moltiplicazione delle franchigie… Paxson e Cartwright, peraltro in parabola clamorosamente discendente, entrambi titolari in una squadra vincente non sarebbero potuti succedere fino a 3-4 anni prima…

  3. non sono assolutamente daccordo.. magic era in chiara fase calante..

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