Le grandi dinastie nello sport, si sa, quando nascono sono osannate ma più passa il tempo e più sono combattute, più vincono e più diventano antipatiche.

La dinastia Warriors ovviamente non fa eccezione: arrivata alla quinta finale consecutiva, con 3 titoli già in bacheca, è già nella storia per longevità, livello di talento ed impatto generale avuto sul gioco.

Nata dalla scommessa di dimostrare al mondo di poter vincere un titolo con un gioco basato sullo small ball e sul tiro da 3, ha costretto il mondo NBA ad inserire dosi massicce di sabermetrica nella costruzione dei propri roster e delle proprie strategie offensive.

Adesso, a 2 giorni dall’inizio delle Finals, le speranze di milioni di tifosi non-warriors sono concentrate su una squadra mai arrivata in finale, ma guidata da un giocatore che i Playoffs li conosce molto bene, con 2 finali, un anello e un titolo di MVP.

L’ultima volta in cui Kawhi Leonard ha incontrato i Warriors nei playoffs era questa: 14 maggio 2017, Gara 1 delle Finali di Conference, Spurs avanti di 21 punti.

E’ stata l’ultima partita di playoffs di Kawhi con gli Spurs, e sarà anche l’ultima finale di conference degli Spurs per chissà quanti anni, senza di lui.

Giovedì notte, “The Klaw” avrà la sua grande occasione di riscatto: tornare ai playoffs contro i Warriors, anche se Zaza non c’è più, e vendicare quell’infortunio che sostanzialmente gli costò un anno di stop, giocando una rivincita al massimo livello, anche se con compagni diversi.

E gli avversari?
Gli avversari nel frattempo sono diventati una dinastia, grazie all’innesto in una squadra già leggendaria di un giocatore come Durant, ma mai come in queste finali appaiono vulnerabili, proprio per l’assenza di KD e per le condizioni fisiche tutt’altro che perfette di Cousins, fermo da inizio playoffs, e di Iguodala, fermo da Gara 3 con Portland.

E se da una parte Milwaukee sarebbe stata forse la squadra più profonda e con più armi al proprio arco, Toronto è sicuramente l’avversario di maggiore esperienza che poteva capitare ai Warriors: Leonard, Green, ma anche Ibaka e Gasol hanno tutti avuto esperienze di Playoffs di altissimo livello, fatto che a questo livello è fondamentale.

Con l’assenza dell’MVP delle ultime 2 Finals i pur caldissimi Warriors appaiono improvvisamente quelli che sono sempre stati prima del suo arrivo: fortissimi ma giocabili, fenomenali in attacco ma potenzialmente ondivaghi, costretti a giocare sempre al massimo della fluidità offensiva per diventare imbattibili.

Toronto ha le armi per dare loro fastidio: 4 difensori sulla palla scattanti, un paio di tiratori, un paio di lunghi intelligenti e che sanno stare in campo.

L’emozione inizialmente potrà giocare loro un brutto scherzo, ma alla lunga potrebbero anche diventare fastidiosi da affrontare a ranghi incompleti: è la speranza di gran parte della Lega, che vorrebbe tanto vedere terminare lo strapotere di una franchigia per poter garantire al pubblico e ai tifosi uno spettacolo un po’ più incerto.

Per i Warriors queste finali sono insidiose non solo nel presente ma anche per il futuro: in caso di sconfitta potrebbe essere l’estate giusta per cambiare aria per Durant o Thompson?

L’appuntamento è a giovedì notte. Buone Finals a tutti.

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