Non è possibile non parlare, a questo punto della stagione, dell’annata capolavoro di Alvin Gentry e dei suoi Pelicans, ancora prima di sapere come andrà la prossima serie di Playoffs contro i campioni in carica, quei Golden State Warriors in cui l’attuale coach di New Orleans fu l’allenatore in seconda, ed il responsabile dell’attacco, nell’anno del primo anello dell’era Kerr.

Comunque vada questa semifinale di conference, per la squadra della Louisiana sarà comunque stato un successo, considerate le premesse ad inizio stagione e successivamente il pessimismo cosmico scatenato dall’infortunio al tendine d’Achille del proprio secondo miglior giocatore, quel DeMarcus Cousins che sembrava finalmente a suo agio in un contesto vincente, e che ha chiuso la stagione con 25 punti, 12.9 rimbalzi, 5.4 assist, 1.6 rubate, 1.6 stoppate a partita. In pratica un credibile candidato al titolo di MVP stagionale.

Ma come potevano esserci ad inizio stagione premesse negative, fortemente negative, per una squadra che poteva permettersi il lusso di considerare DeMarcus un “secondo violino”?

In realtà, Gentry ed i Pelicans arrivavano da 2 stagioni molto deludenti, una con 30 e l’ultima con 34 vittorie nonostante il sesto monte salari della Lega. Una serie infinita di problemi fisici ai giocatori chiave, contratti sbagliati, poca fortuna al draft avevano messo a dura prova l’ottimismo dei tifosi e la pazienza del giocatore franchigia, quell’ Anthony Davis il cui contratto è in scadenza fra 2 anni e che sembrava sempre più solo e sempre più con la valigia in mano.

L’ultima speranza di motivarlo a rimanere e di dargli almeno un compagno di pari livello era stata, nell’ultima stagione, l’arrivo di Cousins: dopo una manciata di partite assieme nella primavera del 2017, nell’estate il coaching staff riesce a trovare la quadra e ad ottobre il duo parte a spron battuto, ad oltre 50 punti e 20 rimbalzi di media.

Con queste torri gemelle a fare da punti di riferimento dentro e fuori dall’area, il resto della squadra ne trae immediatamente beneficio: Jrue Holiday pare rinato, anche grazie ad un nuovo compagno di back court, un altra testa calda miracolata dall’arrivo il Louisiana. Rajon Rondo, dopo anni di anonimato e di brutte figure è probabilmente alla sua ultima chanche nella Lega, e finalmente non fallisce: con 8 punti e altrettanti assist di media ricomincia a fare quello che ha sempre saputo fare nei suoi anni migliori, cioè far giocare i compagni, smistare palloni, buttarsi in difesa su tutte le linee di passaggio.

Si arriva così al 26 gennaio, alla quality win contro i lanciatissimi Rockets, con un record 27-21 e la convinzione di essere sulla strada giusta, e di vedere miglioramenti giorno per giorno: è in quel momento che arriva l’infortunio di Cousins a far ripiombare la squadra e la tifoseria nello sconforto.

Ma è proprio in quel momento che si compie il miracolo dei Pelicans: la dirigenza riesce a scambiare il contratto zavorra di Asik per quello ugualmente impegnativo di Mirotic, che però a Chicago è sembrato in stato di grazia, e a New Orleans si conferma: è un lungo perimetrale di esperienza, che può dare il meglio di sé in una squadra con ambizioni piuttosto che in una che deve tankare.

Con lui al posto di Cousins, AD viene spostato stabilmente nel ruolo di centro, e la squadra decolla: in attacco si gioca 4 fuori con palla a Rondo e licenza di inventare per Davis, in difesa si sale di livello potendo switchare con più facilità senza dover inventare strane alchimie tattiche per far convivere 2 centri veri nel basket moderno dominato dallo small ball.

Le ultime 34 partite si chiudono con un 61% di vittorie ed un sesto posto insperato ad Est, ed è a quel punto che arriva finalmente un po’ di fortuna anche in casa Pelicans: l’accoppiamento con i Blazers è perfetto per le caratteristiche del proprio roster.

Anche Portland ha un back court piccolo, per cui la coppia Rondo – Holiday non andrà sotto fisicamente, anzi, mentre AD può fare i comodi suoi in area contro Nurkic, che non ha minimamente la rapidità di piedi necessaria per stargli dietro.

Arriva lo sweep, l’ennesima sorpresa di una stagione vissuta totalmente sull’ottovolante.

Adesso arrivano i Campioni, che hanno esterni alti da marcare, molto alti (Thompson, Livingston, Iguodala e naturalmente Durant) e un lungo piccolo ma rapido di piedi, che AD l’ha sempre marcato molto bene (Green, ovviamente).

Gli accoppiamenti non sono ideali, ma Curry, che li ha sweeppati quasi da solo nei playoff di 3 anni fa, è ancora ai box, ed in fondo in questa serie i Pelicans possono giocare leggeri perchè all’improvviso il futuro non sembra più così nero, e a Davis è tornato il sorriso…

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