Quando sentimmo per la prima volta la notizia, era sembrata anche un’ottima idea anticipare l’inizio della stagione NBA di una decina di giorni: in primis, perchè così l’astinenza da iper-basket sarebbe durata meno. Ed in secondo luogo, perchè da anni si dava la colpa dei sempre più frequenti e pesanti infortuni all’interno della Lega al calendario forsennato, ai back to back, alle 4 partite in 5 notti che periodicamente toccavano a tutte le franchigie, magari in trasferta.

10 giorni sembravano una buona, e magari lo sono ancora, anche se non andrei tanto a raccontarlo a Gordon Hayward, Jeremy Lin o Nicolas Batum. Però il primo esperimento di NBA ad ottobre necessita di una breve guida pratica per interpretare quello che finora si è visto, che potremmo definire, metaforicamente, bizzarro.

1- I Warriors e i Cavs non sono i Warriors e i Cavs

Cioè si, sono loro, ma non ne hanno voglia. Tanto ormai lo sanno anche le pietre che per vincere i campionati bisogna entrare in forma in primavera, non in autunno.

Lebron lo sa da almeno un decennio, i Warriors l’hanno imparato sulla propria pelle 2 anni fa, quando hanno aggredito la regular season con una partenza 24-0 per poi perdere l’ultima partita della stagione, quella più importante. Non succederà più.

Quando ai Warriors importava della Regular Season

2- Gli Orlando Magic non sono proprio questi, ma non sono così male

Il fatto che una buona metà della Lega si sia presentata ai nastri di partenza con un “conditioning” da pensionato settantenne della Florida (con rispetto parlando) ha creato belle opportunità per quelle squadre che sono allenate seriamente da allenatori che scherzano poco ed hanno a disposizione giocatori con qualcosa da dimostrare.

I Magic sono l’esempio perfetto per questo inizio di stagione: magari Aaron Gordon non tirerà tutta la stagione col 58% da 3, nè Fournier lo farà col 55%, nè terranno gli avversari al 28% dalla distanza; però la squadra per la prima volta dopo anni ha un senso, e il lavoro di Vogel comincia a dare i suoi frutti.

Sarà mica perchè al quarto anno nella Lega il re delle schiacciate acrobatiche è stato spostato nel suo ruolo naturale, quello che già si sapeva dal giorno della sua scelta al draft? Tu guarda le combinazioni…

Aaron Gordon forse è arrivato

3- Memphis non è la contender che ci vuol far credere di essere

Sia chiaro: massimo rispetto per il “grit and grind”, per coach Fizdale e per il magico duo Conley-Gasol che resiste imperterrito agli anni e agli infortuni per mostrare al mondo intero che un altro mondo è possibile, che si può vincere con l’asse play-centro come ai vecchi tempi, con poco spacing e ritmo basso.

In estate sono finalmente riusciti a svecchiare il roster rottamando Randolph, Carter e Allen, per cui possono finalmente contare su un supporting cast magari meno qualitativo ma con più gambe e più fiato, però diciamocelo, questo ritmo di vittorie per 82 partite, con tutto il bene vogliamo loro, non ce la possono fare.

Magari 2 anni fa avessero evitato di dare il max ad un giocatore palesemente finito (microfrattura al ginocchio = finito), a quest’ora avrebbero una terza stella come tanti altri hanno, invece di un paracarro con la faccia da modello. Ma questa è un’altra storia.

Il pubblico di Memphis comincia ad averne abbastanza…

4- I Clippers son partiti forte, ma sono sempre i Clippers

C’è vita dopo CP3, e già questo è un successo.

Blake Griffin si sente finalmente l’uomo franchigia, DeAndre Jordan ha scoperto di saper fare le sue (poche) cose su un campo da basket anche senza Paul a passargli la palla, Gallinari e Beverley sono 2 comprimari di extra lusso che negli ultimi anni i Velieri non hanno mai avuto.

Ma sono sempre i Clippers, e probabilmente troveranno un modo di complicarsi la vita. E se non lo faranno loro, lo farà il destino.

E la concorrenza assurda che c’è nella Western Conference. Perchè questi, ad Est, potrebbero essere da primo seed tranquilli tranquilli… ma non avrebbero le stesse spiagge e lo stesso clima…

Il vostro tiratore puro col buzzer beater

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