Ciao Sergio, prima di tutto raccontaci qualcosa di te: dove vivi attualmente, di cosa ti occupi e come sei finito negli States?

Mi sono trasferito negli USA nel dicembre 2013, adesso vivo a San Francisco dove faccio il Product Manager per un’azienda che fa software. Ho avuto una bella fortuna nel ricevere un’offerta di lavoro quì, ma è stata ripagata la mia tenacia: volevo veramente trasferirmi e vivere negli Usa.

Raccontaci allora del tuo rapporto con gli sport americani: quali segui, quali pratichi, e come viene vissuto lo sport a San Francisco e in generale nella Bay Area

Oltre al basket che già seguivo, da quando sono quì mi sono appassionato al Football Americano che è uno sport di uomini veri. Gioco spesso a basket nei playground della città e questo mi sta facendo imparare il trash-talking. Le parole più usate sono: “Show me what you got” con cui si tenta di innervosire l’avversario che ti sta attaccando. Oppure “All day” quando segni e vuoi rimarcare a chi ti marca, che puoi farlo tutto il giorno.

Parliamo un po’ dei Warriors e della loro città, Oakland: qual è il tuo giudizio sulla franchigia – a livello di organizzazione e di impatto sul territorio – ed in particolare sui suoi tifosi?

I Warriors stanno disputanto una stagione straordinaria, quasi epica e spero proprio per loro, che si concluda con il titolo, se lo meritano. L’organizzazione è di primissimo livello, c’è tantissima attenzione ai dettagli. Con noi accreditati c’è continua interazione e premura affinchè possiamo svolgere al meglio il nostro lavoro. L’organizzazione ci tiene tantissimo ai tifosi che rispondono con il tutto esaurito da più di 120 partite. Ci sono tante iniziative durante la partita per farli sentire importanti, ad sempio a fine terzo quarto piovono dei paracaduti dal soffitto contenenti dei biglietti gratis per le partite seguenti. Oppure l’estrazione di un settore intero tra il pubblico che riceve una maglia autografata e consegnata direttamente dai giocatori dei Warriors.

Quante partite dal vivo vedi in una stagione? Qual è secondo l’aspetto più bello e divertente dell’andare alla partita?

Alla Oracle Arena ci vado circa 4-5 volte al mese. Assistere a una partita NBA dal vivo è un’esperienza incredibile. Prima di tutto si assiste a un evento di sport, non ci si deve preoccupare di essere picchiati o di litigare mentre si guarda la partita. Puoi andare alla partita con la maglia dei Clippers e vedere la partita in mezzo ai tifosi dei Warriors senza che ti succeda nulla. E non a caso ho detto Clippers, perché tra le due squadre c’è una grossa rivalità: quando si affrontano, infatti, non è solo una sfida tra Warriors e Clippers, ma anche tra Nord California e Sud California, storicamente al centro di sfottò e di rivalità. I tifosi NBA non si lasciano mai andare a cori volgari e a insulti contro i giocatori avversari. Nel peggiore dei casi, si può sentire qualche “Boooooo” indirizzato alla squadra ospite. Alle partite ci vanno intere famiglie ed è bellissimo vedere i bambini sorridere e divertirsi indossando le maglie dei loro beniamini.

Hai avuto occasione di vedere da vicino o di conoscere qualche giocatore dei Warriors? Hai qualche aneddoto da raccontarci?

Vedere Steph Curry da vicino è emozionante. Non mi stanco mai di vedere il suo riscaldamento pre-partita quando tira in successione un centinaio di tiri da 2 e da 3. La sua meccanica di tiro è impressionante. In un’intervista mi ha raccontato che cosa mangia prima di ogni partita: un panino al burro di arachidi e marmellata e a giudicare dai risultati direi che gli porta bene.

E’ vero che stai scrivendo un libro? Puoi anticiparci di che cosa si tratta?

Sto raccogliendo degli appunti su quello che mi capita di vedere dal vivo in un palazzetto NBA e su alcune delle persone che incontro. Vedremo a fine estate, se questi appunti, saranno all’altezza di diventare un libro…

 

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